CORPUSCOLI E URINA, ALLE RADICI DELLA MATERIA

Galileo chimico? Sulle orme di Santorio

Il medico veneziano suggerì una descrizione accurata della struttura della materia vent’anni prima di Galileo. Lo ha scoperto Fabrizio Bigotti, ricercatore italiano ora alla University of Exeter, nelle note a margine di un volume conservato alla British Library. Lo abbiamo intervistato

     30/05/2017

Fabrizio Bigotti, il ricercatore che ha firmato la scoperta

Santorio Santori, un nome che alla maggior parte di noi dice poco. Eppure è a questo geniale medico veneziano, vissuto fra il 1561 e il 1636, che dobbiamo invenzioni in uso ancora oggi, prima fra tutte il termometro. Considerato il fondatore della medicina quantitativa, quella che si basa sui numeri e sui dati, Santorio si interessò anche ad aspetti più generali della scienza, e in particolare alla struttura della materia. Ed è in questo campo, sulle orme di Democrito, prima intuendone poi mettendone alla prova sperimentale la natura corpuscolare, che potrebbe aver anticipato di parecchi anni l’amico e collega Galileo Galilei.

A scoprirlo, fra le note a margine scritte a mano dallo stesso Santorio su volumi del XVII secolo conservati alla British Library, un giovane ricercatore romano – laurea e dottorato alla Sapienza in filosofia della scienza, poi studi di medicina tardo rinascimentale a Londra e in Gran Bretagna – attualmente al Centre for Medical History dell’Università di Exeter, uno fra i più importanti nel Regno Unito: Fabrizio Bigotti. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista scientifica Ambix, specializzata in storia dell’alchimia e della chimica, e offre scorci affascinanti sulle origini della scienza moderna, in particolare della scienza sperimentale.

Bigotti, partiamo dalla sua, di scoperta. Com’è avvenuto il ritrovamento delle note a margine?

«In realtà l’idea stessa della scoperta, come evento casuale, in questo caso c’entra poco: il ritrovamento delle note a margine segue almeno quattro anni di ricerche intense su Santorio e la nascita della quantificazione in medicina, iniziata con una borsa postdottorale presso il Warburg Institute di Londra nel lontano 2013. Come parte di quelle ricerche avevo iniziato a catalogare diverse edizioni esistenti delle opere di Santorio e anche scoperto diverse lettere e documenti inediti. Un mattino di agosto, presso la British Library di Londra, apro l’edizione del Commento al Canone di Avicenna (Commentaria in Primam Fen Primi Libri Canonis Avicennae 1625) e noto delle annotazioni. Sulle prime non mi sorprendo molto: quasi tutte le edizioni di Santorio sono annotate, in quanto costituivano libri di testo parecchio ricercati in tutta Europa. Questa edizione presentava però qualcosa di strano: anziche’ commentare il testo, aggiungeva parti, correggeva, rivedeva riferimenti, e integrava considerevolmente, in alcuni casi chiarendo passaggi particolarmente difficili. Insomma, si trattava di indicazioni per un’edizione successiva, purtroppo mai apparsa data la morte dell’autore. Leggendo (peraltro con estrema difficoltà dato il carattere manoscritto del testo latino e il fatto che i margini del libro sono stati tagliati), arriva la conferma definitiva: l’autore parla in prima persona talora anche facendo uso del ‘nos’ tipico del plurale maiestatis. È stato un momento incredibile ed emozionante, anche perché in uno di questi marginalia Santorio spiega da dove è arrivato lo spunto per costruire uno dei suoi strumenti clinici».

Le note a margine di Santorio al suo Commentaria In Primam Fen Primi Libri Canonis Avicennae (Venezia, 1625), British Library, 542.h.11. Crediti: British Library

Veniamo al concetto di “corpuscoli” e alle prove della loro esistenza. Come entrano nell’opera di Galileo?

«Lavorando sulla scorta dei lavori di Erone di Alessandria (pneumatica) e delle proprie esperienze, Galileo aveva sempre avuto a che fare con il calore, ma non si decise a pubblicare nulla sulla teoria della materia fino al 1623, quando, nel celebre paragrafo 48 del Saggiatore, introduce l’idea di alcuni corpuscoli, detti “ignicoli”, responsabili della sensazione del calore. Nello stesso paragrafo introduce inoltre una distinzione tra quelle che sarebbero state poi chiamate “qualità primarie e secondarie” da Locke. Tuttavia, a dispetto del nome eccelso di Galileo, va notato che si tratta di una teoria estremamente semplice, persino banale in alcuni aspetti. Soprattutto non è preceduta da nulla, non vi sono esperimenti e non c’è contesto, e questo ha creato problemi ad alcuni storici».

Che genere di problemi?

«Durante la conferenza internazionale che si è svolta presso la Domus Comeliana di Pisa lo scorso 18-20 Maggio, un grande esperto di Galileo, il professor Matteo Valleriani del Max Planck Institute for the History of Science di Berlino, ha mostrato come, in quel contesto, il riferimento di Galileo alla “perspirazione insensibile” (il cui studio era stato posto su basi scientifiche da Santorio nella sua opera, Ars de statica medicina del 1614) deve leggersi proprio come un riconoscimento del debito di Galileo nei confronti dell’amico e collega Santorio».

Ecco, Santorio. Come arrivò a interessarsi ai “corpuscoli”, alla struttura della materia?

«Come Galileo, Santorio lavorava sulla scorta dei testi di Erone, e si trovò ad avere a che fare con la struttura della materia piuttosto presto. Questo lo portò a inventare molti strumenti, tra i quali il primo termometro e molti igrometri per valutare il grado di calore e umidità (ambientale e corporea). Santorio ci presenta le sue idee sulla struttura della materia sin dal suo primo lavoro, “Metodo per evitare tutti gli errori in medicina” (Methodus vitandorum errorum omnium qui in arte medica contingunt libri XV), scritto nel 1603, vent’anni prima di Galileo. La teoria è complessa e interessantissima. La materia possiede unicamente proprietà geometriche, come “posizione”, “numero”, “figura” e movimento. Tutte le altre qualità originano da queste attraverso un meccanismo a orologeria. È questa la prima volta che questa metafora, peraltro antichissima, è usata in un modo che è identico a quello della grande scienza seicentesca: l’orologio come emblema del mondo, dove tutto è regolato da leggi meccaniche e necessarie. La teoria esposta nel 1603 segue un lungo percorso di ricerche che – in base alle mie indagini – risale almeno agli anni ‘80 del ‘500 e ha a che fare con esperimenti di ottica, distillazione e preparazione di sostanze artificiali, nonché composizione di farmaci: un interesse che Santorio condivideva con il suo più stretto amico e confidente, il frate servita Paolo Sarpi (1552-1623)».

Esperimenti che facevano uso anche di urina, urina distillata. Come mai?

«Beh, è uno dei pochi passaggi del suo Methodus in cui Santorio dichiara come è fatta veramente la materia che obbedisce a quelle proprietà geometriche da lui identificate come “posizione”, “numero” e “figura”. Se si prende dell’urina torbida e la si pone su fuoco, il suo aspetto muta improvvisamente da opaco a completamente trasparente: perché? Semplice, la risposta è che i “corpuscoli minimi” di cui è composta hanno cambiato la loro configurazione. Si tratta di una doppia spiegazione: cinetica, ovvero dovuta al movimento dei corpuscoli, e ottica, dovuta cioè al riflesso che le superfici dei corpuscoli offrono alla luce solare».

E tutto questo emerge dalle note a margine scoperte alla British Library?

«Sì, queste idee, e altre, si ritrovano nei marginali da me scoperti e identificati presso la British Library di Londra (in parte pubblicati in un numero speciale di Ambix 1/2017). Dove l’idea che la miscela di elementi dia origine a qualità nuove è in parte spiegata dal contatto e disposizione di particelle minime (particulae minimae). Insomma il grande Galileo, che di miscibilità e preparazione di farmaci conosceva poco o niente, aveva molto da imparare da Santorio e – a quanto pare – lo fece…».