NUOVA IMMAGINE COMPOSITA MULTIBANDA

Cinque telescopi prendono un Granchio

L’esplosione da cui si originò fu vista apparire in cielo nel 1054 come “stella nova”, ma la nebulosa del Granchio fu osservata al telescopio per la prima volta nel 1731 e deve il suo nome a un disegno realizzato nel 1844. Chissà cosa penserebbero gli astronomi del passato vedendo questa nuova, dettagliatissima, immagine realizzata componendo osservazioni a diverse lunghezze d’onda

     12/05/2017

Tanto conosciuta, quanto sempre sorprendente. Ecco una nuova, dettagliatissima, immagine della Crab Nebula, la nebulosa del Granchio, ottenuta combinando dati da un set di differenti telescopi che coprono quasi l’intero spettro elettromagnetico: il radiotelescopio Vla (radio) in rosso, i telescopi spaziali Spitzer (infrarossi) in giallo, Hubble (visibile) in verde, Xmm-Newton (ultravioletti) in blu e Chandra (raggi X) in viola.

La nebulosa del Granchio, il guscio residuo di gas rimasto da una supernova vista brillare in cielo nel 1054, si trova a circa 6500 anni luce dalla Terra. Al suo centro si trova l’altrettanto famosa pulsar del Granchio, una stella di neutroni super-densa che ruota su sé stessa una volta ogni 33 millisecondi. Come un faro cosmico, la pulsar del Granchio proietta due getti polari di onde radio e luce, che i nostri strumenti vedono come rapidissimi impulsi regolari.

Gli intricati merletti che si scorgono nella nebulosa sono causati da complesse interazioni tra la pulsar, un vento di particelle in rapido movimento proveniente dalla pulsar medesima e il materiale espulso originariamente dall’esplosione in supernova e dalla stella stessa prima di deflagrare.

Il disegno di William Parsons del 1844 da cui la nebulosa ha preso il nome di Granchio

Le nuove osservazioni di Vla, Hubble e Chandra sono state realizzate quasi nello stesso momento, nel novembre del 2012, e utilizzate da un gruppo di scienziati, guidati da Gloria Dubner dell’Università di Buenos Aires in Argentina, per ottenere nuove informazioni sulla complessa fisica di questo resto di supernova.

I risultati dello studio, ora pubblicati su Astrophysical Journal, rivelano effetti dovuti a interazioni tra particelle veloci e campi magnetici, come succede sul Sole, nonché strutture presumibilmente preesistenti l’esplosione di supernova. Alcuni caratteristiche compaiono a diverse lunghezze d’onda, mentre altre solo in alcune, come i due getti distinti di materiale provenienti dalla pulsar che appaiono nelle immagini nelle frequenze radio e raggi X.

«Il confronto tra queste nuove immagini, ottenute a diverse lunghezze d’onda, ci sta fornendo una ricchezza di nuovi dettagli sulla nebulosa del Granchio», commenta Dubner. «Anche se il Granchio è stato studiato estesamente per anni, abbiamo ancora molto da imparare su di esso».

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