ECCO COME FRIZZA LA LUNA DI SATURNO

Titan and soda

Bolle d’azoto risalgono dai fondali di Ligeia Mare, rendendo di tanto in tanto effervescente la superficie del remoto oceano. Un articolo pubblicato oggi su Nature Astronomy illustra in dettaglio il fenomeno, alla base dell’enigma delle “isole magiche”, osservato dalla sonda Cassini

     18/04/2017

Rriflessi di luce solare al largo dei mari di Titano. Crediti: NASA / JPL / Univ. Arizona / Univ. Idaho

Grazie alla missione Cassini-Huygens sappiamo che su Titano, la più grande luna di Saturno, ci sono mari probabilmente composti da metano, etano e azoto. Nel 2013, lo strumento Radio Detection and Ranging (il radar di bordo della sonda), aveva inviato a terra immagini che mostravano un fenomeno ancora senza spiegazione: l’apparizione e la successiva scomparsa di regioni luminose nella distesa liquida nota come Ligeia Mare. Ora le enigmatiche conformazioni, soprannominate “isole magiche”, hanno finalmente una spiegazione.

Uno studio uscito oggi su Nature Astronomy, firmato da un team guidato dal ricercatore del Cnrs francese Daniel Cordier, ha dimostrato come una miscela di azoto, metano ed etano sia instabile alle condizioni di pressione e temperatura previste nelle profondità di Ligeia Mare. A causa della circolazione idrodinamica del mare extraterrestre, i liquidi in superficie si rimescolano con quelli in profondità. In particolare, la miscela in superficie – ricca di azoto – fluisce in parte verso gli strati più profondi, che contengono invece più etano. Una volta giunti verso il fondo, però, per effetto della pressione i liquidi si separano, e le bolle di azoto gassoso risalgono in superficie. Le bolle di azoto, spiega lo studio, si formano a una profondità compresa fra i 100 e i 200 metri, e possono raggiungere un diametro di quattro centimetri.

A seconda delle condizioni climatiche della luna, questo fenomeno – per il quale già il mese scorso erano state pubblicate prove sperimentali – può avvenire su regioni estese per centinaia di chilometri quadrati sulla superficie del mare di Titano. Stando all’articolo pubblicato su Nature Astronomy, questo spumeggiante risalire dell’azoto è un fenomeno transitorio, il che spiega perché non venga sempre rilevato dal radar a bordo di Cassini.

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