IN QUELLA INTERNA POCHI ELETTRONI RELATIVISTICI

Fasce di Van Allen: spunta il sereno

I velocissimi elettroni ad altissima energia che gli scienziati ritenevano imprigionati nella fascia interna dal campo magnetico terrestre, sembrano essere decisamente meno presenti del previsto. Porte aperte ai satelliti leggeri e low cost?

     16/03/2017

Crediti: NASA Goddard Space Flight Center / Mary Pat Hrybyk-Keith

Sappiamo della loro esistenza da più di cinquant’anni, ma sono molti i misteri irrisolti che le fasce di Van Allen nascondono agli occhi degli scienziati. Ora, dalle sonde gemelle Nasa che da anni si occupano di studiarne le caratteristiche, arriva una scoperta affascinante: i velocissimi elettroni ad altissima energia che gli scienziati ritenevano, per così dire, imprigionati nella fascia interna dal campo magnetico terrestre, sembrano essere decisamente meno presenti del previsto.

I risultati dello studio sono appena stati pubblicati sul Journal of Geophysical Research e parlano di minore radiazione tra l’orbita occupata dai satelliti per telecomunicazioni e quella della Stazione spaziale internazionale. Ottima notizia per i naviganti di quelle regioni estreme del cielo, dunque.

Fino a ieri gli scienziati non erano stati in grado di distinguere fra elettroni e protoni ad altissima energia presenti nella fascia interna di Van Allen. Grazie allo strumento Mageis (Magnetic Electron Ion Spectrometers), montato su entrambe le sonde che si occupano dello studio di questa affascinante regione del cielo, è stato possibile osservare protoni ed elettroni in modo separato.

È la prima volta che gli astrofisici riescono a vedere il fenomeno da vicino e sorpresa: nessuna traccia di elettroni relativistici. Un dato contrario alle ipotesi. Sia chiaro, la possibilità che i protoni energetici potessero falsare le misurazioni era nota da tempo. Tuttavia, precedentemente non è mai stato possibile ripulire dal “rumore” i dati raccolti. Fra le due fasce di radiazione, gli scienziati hanno sempre ritenuto la cintura esterna quella maggiormente soggetta agli sbalzi provocati dal cattivo tempo spaziale. Quando le particelle cariche provenienti da Sole si scontrano contro la fascia esterna di Van Allen, infatti, questa pulsa e si deforma in modo drammatico.

La cintura interna, da sempre, mantiene una distribuzione stabile sulla superficie terrestre. Anche se i nuovi risultati mostrano come anch’essa possa subire variazioni maggiori a quanto precedentemente assunto: durante una forte tempesta geomagnetica avvenuta nel mese di giugno 2015, per esempio, gli elettroni relativistici sono stati spinti in profondità nella fascia interna.

Conoscere meglio la quantità di radiazioni presenti nell’orbita vicina alla Terra ci permette di progettare meglio la tecnologia che abita questa porzione di cielo. Se gli elettroni relativistici sono un evento più raro del previsto, allora si aprono le frontiere a nuovi sistemi satellitari, più leggeri e a basso costo.

Le sonde Nasa Van Allen sono state costruite per aiutare la comunità scientifica a comprendere meglio la natura delle fasce di Van Allen, due gigantesche “ciambelle” di gas elettrificato che circondano la Terra. Queste fasce si trovano tra la cosiddetta orbita geostazionaria (quella dei satelliti per telecomunicazioni) e l’orbita bassa (quella della Stazione spaziale internazionale) e sono soggette agli effetti del vento solare e dell’espulsione di massa coronale, fenomeni che possono causare anche disturbi alle comunicazioni e ai satelliti Gps.

Le sonde sono ormai in orbita da oltre quattro anni e i dati vengono raccolti dagli strumenti a bordo: Radiation Belt Storm Probes Ion Composition Experiment (Rbspice), Relativistic Electron Proton Telescope (Rept), Relativistic Proton Spectrometer (Rps) e il già citato Mageis.

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