SVILUPPATO PER LO SPAZIO NEGLI ANNI ‘50

Il ritorno del convertitore termoionico

Grazie all’impiego del grafene, la tecnologia Tec potrebbe avere una seconda chance. In grado di convertire direttamente, in modo efficace e a ridotto impatto ambientale, il calore in energia elettrica, ha concrete possibilità di essere in futuro impiegata in ambito industriale e domestico

     07/03/2017

Rappresentazione schematica del prototipo di convertitore termoionico con collettore in grafene. Crediti: Stanford University

Dal calore all’elettricità senza mediazioni. Ovvero, senza passare per l’energia cinetica, come invece avviene, per esempio, con le turbine di una centrale termoelettrica. Si può, si fa da decenni, ne abbiamo parlato recentemente anche su Media Inaf a proposito delle pile atomiche per missioni spaziali, il cui funzionamento è basato sul principio della termocoppia. Nello studio pubblicato a febbraio su Nano Energy, invece, la tecnologia che permette il passaggio diretto da energia termica a energia elettrica è la cosiddetta Tec, acronimo di thermionic energy convertor: in italiano, convertitore termoionico. Una tecnologia che risale agli anni Cinquanta, sviluppata anch’essa con in mente i programmi spaziali, poi abbandonata per la scarsa efficienza. Ma che oggi, grazie ai nuovi materiali, primo fra tutti il grafene, potrebbe tornare alla ribalta.

Il principio è quello – seppure usato per altri scopi – alla base del funzionamento delle vecchie valvole, le antenate dei transistor: se portati a temperature elevate, alcuni materiali rilasciano particelle cariche. Ioni o elettroni. Diventando così una potenziale sorgente di energia elettrica. Con almeno due problemi. Primo, l’elevata perdita di energia sulla superficie dell’anodo, che porta a una tensione di uscita ridotta. Secondo, la presenza di forti “barriere elettriche” che si oppongono al moto degli elettroni nello spazio fra i due elettrodi (il collettore e l’emettitore), con la conseguenza di una corrente di uscita ridotta. Nel complesso, come dicevamo, il risultato è di scarsa efficienza.

Il prototipo Tec sviluppato nei laboratori di Stanford. Crediti: Stanford University

Il prototipo descritto su Nano Energy, messo a punto da un team guidato da Roger Howe della Stanford University, affronta entrambi i problemi in un colpo solo. E i risultati dello studio mostrano un’efficienza elettronica nella conversione di energia del 9,8 per cento – di gran lunga la più elevata per temperature del catodo attorno ai mille gradi. Il segreto sta, appunto, nel grafene: un sottilissimo foglio di atomi di carbonio che, usato come collettore al posto del tungsteno, consente il balzo in avanti nell’efficienza di conversione.

«La tecnologia Tec è molto promettente. Con il miglioramento in termini di efficienza, ci attendiamo che si apra un importante mercato», dice il primo autore dell’articolo, Hongyuan Yuan, della Stanford University. «È una tecnologia che non solo potrebbe contribuire a rendere le centrali elettriche più efficienti, e quindi con un minore impatto ambientale, ma ha anche la potenzialità di trovare applicazione nei sistemi distribuiti, come le celle solari. In futuro, prevediamo che sia possibile generare 1-2 kW di energia elettrica dalle caldaie, così da contribuire all’alimentazione domestica».

Rimangono ancora alcuni ostacoli da superare: il prototipo della Stanford University funziona, per ora, solo in una camera a vuoto. Ma i ricercatori sono già al lavoro per mettere a punto convertitori termoionici per applicazioni commerciali. Una volta superati i test di affidabilità ed efficienza, la tecnologia – scrivono i ricercatori – sarà pronta per essere utilizzata nelle centrali elettriche e nelle nostre case.

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