UN’IDEA DI SCIENZA PARTECIPATA

I lampi radio sul telefonino?

Un coppia di ricercatori impegnati nella caccia agli enigmatici fast radio burst propone di usare gli smartphone per rilevarne uno che eventualmente si accenda nella nostra galassia. «Idea interessante ma ancora prematura», è il commento di Marcello Giroletti, radioastronomo dell’Inaf

     17/02/2017

Dan Maoz ad Arcetri. Crediti: Inaf

Quando è stato scoperto il primo lampo radio, nel 2007, Dan Maoz dell’Università di Tel Aviv era in anno sabbatico all’Osservatorio Inaf di Arcetri, a Firenze, occupandosi, tra l’altro, di pianeti extrasolari. Ancora non sapeva che i fast radio burst (Frb), improvvisi bagliori nelle frequenze radio che durano soltanto pochi millesimi di secondo, sarebbero presto entrati nel suo campo di interesse. Un mistero, quello dell’origine dei lampi radio, su cui si è concentrato anche Avi Loeb, noto ed eclettico astrofisico dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics.

Ora Maoz e Loeb, con un articolo in via di pubblicazione su Monthly Notices of Royal Astronomical Society, propongono un metodo originale per coinvolgere il pubblico nella caccia ai lampi radio, limitatamente a quelli di origine galattica. Secondo i due autori, tutto ciò che serve sono migliaia di volontari dotati di smartphone e un’apposita applicazione che giri in background. L’idea nasce dal fatto che i lampi radio sono stati rilevati a frequenze radio che corrispondono a quelle usate da cellulari, Wi-Fi e dispositivi simili.

«Un Frb prodotto nella Via Lattea inonderebbe l’intero pianeta in una volta sola», spiega Maoz. «Se migliaia di telefoni cellulari raccogliessero un segnale quasi nello stesso momento, sarebbe un buon indice di aver trovato un vero e proprio evento».

Finora sono stati scoperti solo una ventina di lampi radio. Solo per uno di questi si è individuata con certezza l’origine, in una galassia molto distante, ma i ricercatori sono ormai propensi a pensare che i fast radio burst provengano da fuori della nostra galassia. Potrebbe essere il caso che anche la nostra galassia produca uno di questi misteriosi lampi, e i due ricercatori stimano che ciò potrebbe verificarsi in un tempo compreso tra 30 e 1500 anni, o molto prima, nel caso di un lampo radio “intermittente”.

Rappresentazione artistica di un fast radio burst in viaggio verso la Terra. I colori rappresentano il fascio di luce che arriva a diverse lunghezze d’onda nella banda radio. In blu le lunghezze d’onda più corte, che arrivano svariati secondi prima di quelle in rosso, che corrispondono invece a lunghezze d’onda maggiori. Questo effetto si chiama dispersione ed è dovuto al fatto che il segnale radio attraversa del plasma. Crediti: Jingchuan Yu, Planetario di Pechino

Usare gli smartphone per studiare fenomeni celesti è una possibilità già messa in pratica dal progetto Deco per rilevare i raggi cosmici, in questo caso attraverso la fotocamera. Tuttavia, Marcello Giroletti dell’Inaf di Bologna, che ha condotto diversi studi sui lampi radio, è un po’ scettico sull’idea di Maoz e Loeb.

«Il primo motivo è che sappiamo ancora troppo poco sui lampi radio per avere un’idea precisa di quanto sia probabile che uno si possa verificare nella nostra galassia: l’unica galassia ospite finora identificata per un Frb è una galassia nana, piuttosto diversa dalla Via Lattea. Basandosi su questo, c’è la possibilità che gli Frb nella nostra galassia non si verificheranno mai», spiega Giroletti a Media Inaf.

«Ammesso comunque che un evento di Frb si verificasse nella nostra galassia, la parte difficile sarebbe localizzarlo in quanto a tempo e posizione, questo perché i cellulari sono progettati ed ottimizzati per la ricezione di segnali con caratteristiche molto diverse da quelle degli Frb», prosegue il ricercatore.

«In generale, l’idea sembra interessante ma ancora prematura, soprattutto per il poco che ancora comprendiamo sugli Frb», conclude Giroletti. «Ogni singola scoperta in questo campo aiuterà a capire se questo è un argomento per il quale la citizen science possa portare un contributo o meno».