JWST POTRÀ DARE UNA RISPOSTA DEFINITVA

CR7: il mistero della galassia camaleonte

Grazie a una nuova analisi di dati ottici recenti, un gruppo di ricercatori italiani sembra essere riuscito a fornire un contributo importante nell'individuazione della natura di una delle galassie più particolari: CR7. L'ipotesi più probabile è quella del collasso diretto di un buco nero, ma rimangono aperti altri scenari. Ne parliamo con Fabio Pacucci dell'Università di Yale, che ha guidato lo studio

     16/02/2017

Questa rappresentazione artistica mostra CR7, la galassia più brillante mai trovata nell’Universo primordiale. Crediti: ESO/M. Kornmesser

Le galassie che osserviamo nel nostro universo possono essere molto diverse tra loro, ma ce n’è una che sembra cambiarsi d’abito a seconda di come la studiamo: Cosmos Redshift 7 (CR7), una vera e propria galassia “camaleonte”. CR7, trovandosi molto lontano da noi, ci trasmette un’immagine di com’era il nostro universo da “giovane”, ovvero quando aveva meno di un miliardo di anni di età. Un team tutto italiano, composto da ricercatori della Scuola Normale di Pisa e della statunitense Università di Yale, è riuscito a dimostrare, con un’accuratezza senza precedenti, che il modello secondo cui CR7 ospita un buco nero centrale molto massiccio riesce a spiegare le osservazioni.

Il lavoro, che è stato pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, parte da un’analisi aggiornata di un set di dati raccolti con i telescopi spaziali Hubble (nell’ottico) e Spitzer (nell’infrarosso). Il team guidato da Fabio Pacucci, ricercatore a Yale, ha dimostrato che le caratteristiche osservative di CR7 possono essere spiegate dalla presenza nella galassia di un particolare tipo di buco nero, detto a collasso diretto. Tuttavia, lo studio descrive anche come spiegazioni alternative siano possibili. Per comprendere meglio il comportamento di questa galassia dalle molte facce, abbiamo raggiunto Pacucci, e lo abbiamo intervistato.

Innanzitutto complimenti per il bel risultato. Potresti aiutarci a ripercorrere le tappe principali di questo “giallo cosmico”? Quali sono state le tappe principali delle osservazioni di CR7?

«Penso che il nostro sia un bel risultato, soprattutto dal punto di vista epistemologico, ossia per spiegare che una stessa osservazione può essere descritta da modelli teorici anche molto diversi fra loro. Come afferma il titolo del nostro articolo, il puzzle di CR7 rimane ancora incompleto. È interessante ripercorrere la storia di questa sorgente. Si è iniziato a parlare insistentemente di CR7 verso la metà del 2015, quando un gruppo di ricerca guidato dal portoghese David Sobral ne osservò le caratteristiche peculiari e propose inizialmente che si trattasse di una galassia contenente stelle di popolazione III. Lo spettro di CR7, infatti, ha delle caratteristiche molto particolari. Innanzitutto, ha delle forti righe di emissione, la Lyman alpha dell’idrogeno e la riga dell’elio II, ovvero l’elio ionizzato. Inoltre, la luce di CR7 non contiene apparentemente traccia di elementi più pesanti dell’idrogeno, che noi astronomi chiamiamo metalli. Questo è ragionevole, perché CR7 è una galassia molto antica, quindi povera di metalli, che si formano nelle stelle».

«Ora, il fatto di osservare righe particolarmente forti dell’idrogeno e dell’elio ionizzato lascia intendere che la sorgente che genera questa luce sia abbastanza calda. La proposta iniziale, secondo cui CR7 ospitava un ammasso di stelle di popolazione III era molto interessante. Queste stelle, pur essendo state previste teoricamente, non sono mai state osservate e sono da molto tempo nel mirino degli astronomi. Qualche mese dopo l’articolo di Sobral, il nostro gruppo di ricerca propose una spiegazione alternativa. Invece di un gruppo di stelle, CR7 poteva contenere un buco nero, formato per esempio dal collasso diretto di una nube di gas primordiale. Questo avrebbe spiegato sia la presenza di righe di emissione particolarmente forti, sia l’assenza di metalli. Affinché il buco nero a collasso diretto si possa formare, infatti, è necessario che il gas sia privo, o quasi, di metalli. Secondo noi, l’ipotesi che CR7 contenesse stelle di popolazione III, pur essendo possibile, era meno probabile, poiché il tasso a cui si sarebbero dovute formare queste stelle per riprodurre la luminosità di CR7 sarebbe stato estremamente alto, quasi irrealistico. Da allora molti altri lavori sono stati pubblicati, a favore dell’una o dell’altra teoria, o addirittura proponendo che CR7 potrebbe essere un normale AGN – Active Galactic Nucleus, ovvero galassia attiva, con un buco nero al centro-, con delle caratteristiche un po’ insolite».

Fabio Pacucci, ricercatore presso l’Università di Yale

In questo quadro si inserisce il vostro ultimo contributo.

«La novità del nostro lavoro consiste nel fatto che per la prima volta siamo riusciti a riprodurre esattamente, o meglio entro gli errori sperimentali delle osservazioni, tutte le caratteristiche osservate di CR7 con un modello teorico, ossia il modello di buco nero a collasso diretto. Si tratta certamente di un passo avanti molto importante, perché in precedenza la fotometria di CR7 non era mai stata riprodotta in maniera così accurata. Tuttavia, come indichiamo chiaramente nell’articolo, questa non si tratta ancora della soluzione definitiva del mistero di CR7.
L’elemento in più che abbiamo introdotto è ipotizzare che il gas che forma questa galassia non sia necessariamente primordiale, ossia privo di metalli. Infatti, una volta formatosi il buco nero, il gas che gli sta attorno può benissimo arricchirsi di elementi pesanti, per esempio tramite formazione stellare oppure tramite gas proveniente da altre galassie vicine. Questa minima quantità di gas, circa lo 0.5% del contenuto di metalli presente nel Sole, permette di riprodurre le caratteristiche osservative di CR7 con una accuratezza finora mai raggiunta. La peculiarità di questa sorgente è che le sue caratteristiche osservative possono essere spiegate, in maniera più o meno probabile, con entrambi i modelli: ammasso di stelle primordiali o buco nero a collasso diretto. Addirittura scenari aggiuntivi potrebbero essere possibili: potrebbe anche trattarsi, per esempio, di un buco nero in trasformazione, dall’adolescenza alla fase adulta. Per questo motivo ci potrebbe sembrare differente dai buchi neri adulti che osserviamo nell’Universo vicino a noi».

Come mai è così difficile indagare la storia di questa sorgente?

«Comprendere la natura di CR7 è difficile perché si tratta di una galassia estremamente distante, a redshift 6.6, quindi formatasi quando l’universo aveva meno di un miliardo di anni. Questa galassia è così lontana che la luce che ci arriva da essa è estremamente flebile. A causa di questo, attualmente non riusciamo ad avere uno spettro complessivo della sorgente, ma possiamo raccogliere solo delle informazioni fotometriche, ossia sapere quanto emette in un certo intervallo di lunghezze d’onda. Per questo motivo le osservazioni attuali possono essere riprodotte da modelli differenti. La questione è che non avendo lo spettro, non sappiamo nemmeno se questo oggetto sia formato solo da idrogeno ed elio, così come ci aspettiamo per oggetti molto antichi, oppure se possieda un contenuto non trascurabile di metalli».

Come vi aspettate di poter risolvere il mistero? Sono in programma nuove osservazioni di questa galassia camaleontica?

«Solo uno spettro dettagliato di CR7 permetterà di capire fino in fondo la sua vera natura, di svelarne il mistero. Se per esempio lo spettro dovesse mostrare delle righe metalliche molto intense, allora l’ipotesi buco nero a collasso diretto si indebolirebbe. Queste osservazioni saranno possibili solo con l’avvento del James Webb Space Telescope (JWST), a partire dall’anno prossimo. JWST sicuramente rivoluzionerà il mondo dell’astronomia e risolverà questo mistero, fra i tanti altri».

«Un’altra tecnica, che potrebbe gettare luce sull’argomento, consisterebbe nell’osservare la luminosità emessa da CR7 a intervalli di tempo. Se essa varia su un tempo scala di alcuni mesi si potrebbe ipotizzare la presenza di un buco nero al suo interno. Infatti, se fosse formato da stelle, i tempi di variabilità sarebbero sicuramente molto più lunghi del tempo scala di vita umano, quindi non osserveremmo praticamente alcuna variazione. Questo tipo di osservazione è realizzabile già con il telescopio spaziale Hubble ed è programmata per i prossimi mesi».

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