ORA NECESSARIE CONFERME SPERIMENTALI

La firma delle onde gravitazionali primordiali

Un gruppo di ricerca dell’Università di Basilea, in Svizzera, è riuscito a calcolare la forma del segnale di una specifica sorgente di onde gravitazionali, gli oscilloni, un fenomeno simile a onde statiche emerso frazioni di secondo dopo il big bang. «Un tale segnale potrebbe essere rilevato da Ligo e Virgo entro due anni di misurazioni al massimo della loro capacità», dicono a Media Inaf i coautori Francesco Cefalà e Stefano Orani

     14/02/2017

Una rappresentazione grafica dell’espansione dell’universo. Crediti: NASA/WMAP Science Team

Nel titolo del romanzo di fantascienza di Robert Silverberg “L’uomo stocastico” del 1975, il termine stocastico (casuale, probabilistico) si riferisce alle capacità del protagonista di vedere il futuro. Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Basilea, in Svizzera, e appena pubblicato su Physical Review Letters, analizza invece dal punto di vista teorico il fondo stocastico di onde gravitazionali, concludendo che ci sono speranze fondate di vedere – seppur indirettamente – il passato.

Un passato che più remoto non si può: i primissimi istanti dopo il big bang, quando l’intero universo passò, in molto meno di un lampo, da una dimensione miliardi di volte più piccola di un protone a quella di un pallone da calcio. Secondo i cosmologi, questo inizio di partita assai repentino, detto inflazione, era dominato da una particella particolare, l’inflatone, e dal campo associato.

Il campo dell’inflatone – secondo quello che prevedono alcuni modelli teorici – ha cominciato a oscillare in maniera assolutamente peculiare. Queste fluttuazioni nel campo dell’inflatone, chiamate oscilloni, possono essere immaginate come onde statiche, che non si propagano ma che “sbatacchiano su e giù” il campo stesso per un lungo periodo. E finalmente arriviamo al punto di maggiore interesse per il nuovo studio: gli oscilloni devono avere generato onde gravitazionali, ancora onnipresenti nell’universo.

La prima rilevazione strumentale di onde gravitazionali, e quindi la conferma della loro esistenza, è avvenuta molto di recente, nel settembre 2015 agli osservatori Ligo. In quel caso si trattava di un evento astrofisico specifico, la fusione di due buchi neri.

La rilevazione di onde gravitazionali prodotte all’epoca del big bang sarebbe ancora più interessante, perché queste ineffabili messaggere portano con sé informazioni provenienti direttamente dall’alba dell’universo. Finora, però, non si riteneva possibile distinguere in mezzo al fondo stocastico di onde gravitazionali – un enorme “brusio” generato dal sovrapporsi di tutte le diverse sorgenti – il singolo segnale di un’onda gravitazionale prodotta da un oscillone.

Simulazione di un oscillone, una forte e localizzata fluttuazione nel campo inflattivo del giovanissimo universo (cliccare se non si avvia l’animazione). Crediti: Dipartimento di fisica Università di Basilea

Utilizzando simulazioni numeriche, il fisico teorico Stefan Antusch e i suoi collaboratori del Gruppo particelle e cosmologia al Dipartimento di fisica dell’Università di Basilea sono stati in grado di calcolare per la prima volta la forma del segnale dell’oscillone. Questa onda gravitazionale, emessa appena frazioni di secondo dopo il big bang, nelle simulazioni appare come un picco pronunciato nello spettro, altrimenti abbastanza omogeneo, delle onde gravitazionali.

«Il segnale che abbiamo calcolato è un sottofondo stocastico di onde gravitazionali», precisa a Media Inaf Francesco Cefalà, dottorando all’Università di Basilea. «Non si tratta dell’onda di un singolo oscillone, bensì della sovrapposizione di un gran numero di onde, tutte con frequenza simile ma non esattamente uguale. Tali onde sarebbero osservabili oggi come un rumore di fondo nei rilevatori, che risulta più forte a una determinata frequenza, ovvero il picco dello spettro, corrispondente alla frequenza di oscillazione degli oscilloni».

«Si tratta di un risultato senza dubbio interessante, ma un calcolo preciso della forza e della forma del segnale generato dagli oscilloni richiede ancora lavoro», aggiunge Stefano Orani, ricercatore dello stesso gruppo all’Università di Basilea. «In questo studio abbiamo considerato un modello semplificato, trascurando interazioni tra l’inflatone e altre particelle, nonché altre considerazioni che potrebbero avere un impatto sul segnale. Le difficoltà maggiori per un calcolo preciso sono tecniche: le simulazioni richiedono tanto tempo».

Ora tocca ai fisici sperimentali dimostrare l’effettiva esistenza del segnale, utilizzando i rivelatori per le onde gravitazionali. Congegni sofisticatissimi come Advanced Virgo all’Ego, l’Osservatorio gravitazionale europeo in provincia di Pisa, che inaugura proprio lunedì prossimo la nuova fase di presa dati dopo i lavori di potenziamento.

«Se confermato, un tale segnale potrebbe essere rilevato da Ligo e Virgo entro due anni di misurazioni al massimo della loro capacità, ma solo nel caso in cui la frequenza degli oscilloni corrisponda alle frequenze rilevabili» dice in conclusione Orani. «Inoltre, entrambe le rilevazioni di Ligo si riferivano a casi di un singolo evento e non di un fondo stocastico. Quelle onde hanno attraversato i rilevatori da una direzione precisa, mentre le onde gravitazionali dell’universo primordiale arrivano in continuazione e da tutte le direzioni, come i fotoni della radiazione cosmica di fondo».

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