FENOMENO FORSE UNICO NEL SISTEMA SOLARE

Solchi anomali sulla superficie di Phobos

La formazione di alcune scanalature peculiari visibili sulla luna di Marte, e rimaste fino a qualche tempo fa senza spiegazione, sarebbe il risultato degli impatti di detriti espulsi dalla superficie. È quanto emerge da uno studio, pubblicato su Nature Communications, in cui vengono mostrati i risultati di una serie di simulazioni che descrivono molto bene la vera sequenza di crateri osservata su Phobos

     30/08/2016

In questa immagine ripresa dalla sonda Mars Express, le frecce in rosso indicano una catena di piccoli crateri la cui origine, così come viene presentata in questo studio, sarebbe dovuta ad un impatto principale avvenuto nel cratere Grildrig. Crediti: ESA/Mars Express, modificata da Nayak & Asphaug

Alcuni misteriosi solchi visibili sulla superficie di Phobos sarebbero il risultato degli impatti di detriti che, una volta espulsi nello spazio, ricadono sulla luna di Marte formando la fila di crateri osservata. È quanto emerge da uno studio pubblicato su Nature Communications che fa il punto sull’origine di un insieme di scanalature prodotto dalle fratture superficiali, causate dall’attrazione gravitazionale del pianeta, e su un altro insieme di strutture che avrebbero un’origine diversa.

«Questi solchi superficiali, che sono disposti lungo una direzione diversa rispetto a quella lungo la quale agiscono le linee di forza mareali, richiedono un altro meccanismo», spiega Michael Nayak, studente in scienze planetarie all’Università della California, a Santa Cruz, e primo autore dello studio. Phobos è una luna peculiare, caratterizzata dall’orbita più stretta rispetto a ogni altro satellite del Sistema solare, il cui periodo orbitale è di appena 7 ore. Di piccole dimensioni, di forma non sferica e decisamente ricoperta da numerosi crateri, la luna si trova a soli 9 mila chilometri da Marte, un po’ come percorrere la distanza tra San Francisco e New York e tornare indietro, e sta lentamente cadendo verso il pianeta muovendosi lungo una traiettoria a spirale (vedi su Media INAF l’articolo Se Phobos va in briciole). Si ritiene che Phobos possieda una struttura interna, fragile, ricoperta da un inviluppo elastico che viene deformato periodicamente, nonostante si mantenga intatto, dalle forze di marea.

Erik Asphaug, uno scienziato planetario dell’Arizona State University, professore emerito all’Università della California, a Santa Cruz, e co-autore dell’articolo, ha studiato Phobos per molti anni. Recenti simulazioni realizzate in collaborazione con Terry Hurford, un suo collega della NASA, hanno dimostrato come le tensioni mareali possano creare una serie di fratture e solchi lineari sullo strato superficiale della luna. Anche se questa idea è stata proposta inizialmente negli anni ’70, l’esistenza di tanti solchi orientati in direzioni diverse rispetto alle tensioni mareali è rimasta senza spiegazione.

Nayak ha sviluppato alcune simulazioni che dimostrano, invece, come la formazione di queste “strane” strutture possa essere il risultato di impatti. Il materiale espulso dalla superficie a seguito di un impatto sfugge facilmente alla debole gravità di Phobos. I detriti rimangono in orbita attorno a Marte, gran parte dei quali si muovono o più lentamente o più velocemente rispetto alla velocità orbitale di Phobos perciò, dopo qualche orbita, vengono catturati nuovamente ricadendo sulla superficie della luna.

Le simulazioni eseguite da Nayak hanno permesso di tracciare in dettaglio le traiettorie dei detriti espulsi nello spazio. L’autore ha trovato che i detriti catturati nuovamente dalla luna creano delle figure d’impatto lineari ben distinte che descrivono la caratteristica struttura degli strani solchi e delle catene di crateri che attraversano le linee delle fratture dovute alle tensioni mareali esercitate da Marte sulla superficie di Phobos. «Inizialmente, tanta roba viene espulsa nello spazio, fluttua per un paio di orbite, si aggrega e poi ricade sulla superficie della luna formando una sequenza lineare prima che essa possa essere disgregata dalla gravità dovuta al pianeta», dice Nayak. «ll parametro di controllo è dove avviene l’impatto e ciò determina la posizione in cui ricadranno i detriti».

I ricercatori hanno poi utilizzato un modello per descrivere la formazione di una sequenza lineare di crateri di piccole dimensioni a partire da un cratere principale. In particolare, gli autori si sono concentrati sul cratere Grildrig, che ha un diametro di 2,6 chilometri ed è situato in prossimità del polo nord della luna, simulando un impatto. Essi hanno trovato che le strutture formatesi dall’espulsione dei detriti, e che ricadono sulla superficie di Phobos, descrivono abbastanza bene la vera catena di crateri osservata sulla luna. «Con una massa così bassa e un’orbita molto vicina a Marte, Phobos è talmente anomalo da essere forse l’unico luogo nel Sistema solare dove avviene un simile fenomeno», conclude Nayak.


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