DATI IN LOCO DA UNA DELLE SONDE VAN ALLEN

Tempesta magnetica in diretta

Il 17 marzo 2015 la Terra ha subito un’intensa tempesta magnetica, a causa di una massiccia espulsione di massa coronale da parte del Sole. La fortuna ha voluto che una delle due sonde gemelle della missione Van Allen Probe si trovasse nel punto d’impatto dell’onda d’urto. I dati raccolti in quei giorni hanno permesso di monitorare l’evento in tempo reale

     16/08/2016
Rappresentazione artistica delle due sonde gemelle della missione Van Allen Probe. Crediti: JHUAPL

Rappresentazione artistica delle due sonde gemelle della missione Van Allen Probe. Crediti: JHUAPL

Attorno alla Terra ci sono due grandi ciambelle concentriche attraversate da intense radiazioni, il loro nome è fasce di Van Allen. All’interno di queste regioni di spazio viaggiano flussi di particelle cariche intrappolate dal campo magnetico del nostro pianeta. Il 17 marzo 2015, durante un’onda d’urto creata da un grande quantitativo di plasma proveniente dal Sole (detta espulsione di massa coronale), la nostra magnetosfera ha subito una forte tempesta geomagnetica, la più intensa negli ultimi dieci anni. Le sonde Van Allen Probes della NASA hanno monitorato l’evento da vicino, una delle due da una posizione decisamente privilegiata, garantendo la raccolta di dati con precisione mai raggiunta prima.

Le tempeste geomagnetiche sono fenomeni durante i quali la magnetosfera viene improvvisamente disturbata e distorta, e hanno durate limitate nel tempo. Un evento simile può anche comportare un cambio di assetto nelle fasce di radiazione che circondano la Terra, ma i ricercatori non sono quasi mai riusciti ad osservare ciò che accade nel dettaglio durante questi fenomeni turbolenti. Il caso ha voluto che mentre avveniva la tempesta geomagnetica, a marzo 2015, una delle sonde della NASA dedicate allo studio delle fasce di Van Allen si trovasse lungo il tragitto dell’onda d’urto. Questa fortunata coincidenza ha fatto sì che la sonda raccogliesse dati con una risoluzione senza precedenti. L’articolo che presenta i risultati prodotti da questo studio è stato pubblicato sull’ultimo numero della rivista Journal of Geophysical Research.

I ricercatori sono interessati allo studio dello spazio che circonda la Terra, perché i disturbi presenti nelle fasce di radiazione possono influenzare le nostre vite in molti modi: dall’interruzione delle telecomunicazioni, al malfunzionamento dei satelliti, con conseguenti problemi ai sistemi di navigazione sul nostro pianeta. «Studiamo le fasce di radiazione perché rappresentano un pericolo per le sonde spaziali e per gli astronauti», spiega David Sibeck, scienziato della missione Van Allen Probe. «Sapendo quanto e come cambia l’intensità della radiazione possiamo costruire veicoli spaziali in grado di resisterle».

Studiare le fasce di radiazione è uno dei modi attraverso i quali monitoriamo e studiamo la meteorologia spaziale. La NASA ha lanciato le sonde gemelle Van Allen Probe nel 2012, allo scopo di comprendere i processi fisici fondamentali che creano questo ambiente poco accogliente. Le sonde sono state progettate specificamente per sopportare il bombardamento costante delle radiazioni e per raccogliere dati anche nelle condizioni più difficili. La ricerca presentata di recente descrive quello che è successo a marzo 2015: la tempesta è stata innescata da un’onda d’urto diretta verso la Terra, generata a sua volta da un’espulsione di massa coronale, un po’ come uno tsunami è generato da un terremoto.

Nell’immagine un’animazione degli elettroni accelerati che circolano nelle fasce di Van Allen, attorno alla Terra. Crediti: NASA/Goddard Space Flight Center/Tom Bridgman

Nell’immagine un’animazione degli elettroni accelerati che circolano nelle fasce di Van Allen, attorno alla Terra. Crediti: NASA/Goddard Space Flight Center/Tom Bridgman

Le fasce di Van Allen sono strutture estremamente dinamiche, che si muovono all’interno della magnetosfera terrestre. In risposta ad eventi traumatici come il passaggio di una tempesta geomagnetica, le fasce di Van Allen si deformano, gonfiandosi e assottigliandosi. Con il passaggio di un’onda d’urto le particelle che circondano la Terra possono acquisire energia, ma gli scienziati non sanno con precisione quanto questi episodi siano comuni e come funzionino. Dal momento che questi eventi sono altamente localizzati, la registrazione dettagliata di un episodio di questo tipo è, in gran parte, frutto del caso. Il fatto che una delle due sonde si trovasse nella posizione corretta ha permesso di raccogliere per la prima volta informazioni preziose ed estremamente dettagliate.

Non appena l’onda d’urto ha colpito la regione più esterna della fascia di radiazione, la sonda ha registrato un impulso improvviso di elettroni accelerati a velocità estreme, prossime alla velocità della luce. Questo impulso ha avuto breve durata, e l’energia accumulata dalle particelle è stata dissipata in pochi minuti. A distanza di cinque giorni dal passaggio della tempesta, e dunque quando i suoi effetti si erano del tutto spenti, è stato però registrato un picco di elettroni a energie ancora più elevate. Questo episodio è chiaramente riconducibile ai processi di eccitazione dovuti alla tempesta magnetica.

«L’onda d’urto ha portato all’interno della fascia di radiazione elettroni provenienti da regioni esterne, e durante questo processo gli elettroni hanno guadagnato energia», spiega Shri Kanekal, membro del team Van Allen Probes e primo autore dell’articolo.

I ricercatori possono utilizzare le informazioni raccolte durante questo evento, integrando i dati con ciò che già sanno su come si comportano gli elettroni nelle fasce di Van Allen, in modo da avere un quadro più completo di quello che accade durante una tempesta magnetica. Ci sono diversi modi con cui gli elettroni presenti nelle fasce di Van Allen possono essere accelerati: in modo radiale, a livello locale o per mezzo di un’onda d’urto. Con l’accelerazione radiale gli elettroni vengono trasportati dalle onde a bassa frequenza verso la Terra. L’accelerazione locale descrive il processo attraverso il quale gli elettroni ottengono energia dalle onde a frequenze relativamente più alte. Infine, con il passaggio di un’onda d’urto, la magnetosfera subisce una compressione improvvisa creando campi elettrici che eccitano rapidamente gli elettroni.

Gli scienziati studiano tutti questi processi differenti per capire quale ruolo svolga in ciascuno di essi nel fornire energia alle particelle presenti nella magnetosfera. È possibile che questi diversi meccanismi si verifichino più di uno alla volta, o forse alternandosi. Trovare risposta a questa domanda è uno degli obiettivi principali dello studio delle fasce di Van Allen, ed è un compito piuttosto complesso, considerando la natura fortuita della raccolta dati.

Inoltre il grado di accelerazione degli elettroni dipende dal processo che li ha eccitati. Il processo di accelerazione per onda d’urto, così come lo ha rilevato la sonda Van Allen Probe, può essere paragonato all’azione di spingere un’altalena. «Pensate alla spinta come il fenomeno che fornisce energia», dice Kanekal. «Quanto più forte spingiamo, più in alto si muove l’altalena». Allo stesso modo gli elettroni si muoveranno più velocemente in seguito alla spinta di un’onda d’urto.

Nel caso della tempesta osservata, il secondo picco di elettroni ad alta energia potrebbe essere stato causato da spinte supplementari. Mentre le onde elettromagnetiche provenienti dall’urto indugiavano nella magnetosfera, hanno continuato ad aumentare l’energia degli elettroni. Più intensa è la tempesta, più a lungo persistono tali onde. In seguito alla tempesta di marzo 2015, la radiazione elettromagnetica prodotta è durata diversi giorni, risultando, cinque giorni dopo il passaggio della tempesta, nel secondo picco di elettroni altamente energetici.

La tempesta di marzo 2015 è stata una delle più intense dell’ultimo decennio, ma impallidisce se confrontata con alcune tempeste del passato. Una avvenuta a marzo 1991 fu così forte che riuscì a produrre flussi di elettroni eccitati per anni. Se la fortuna le assiste, in futuro le sonde della missione Van Allen Probe potranno osservare in diretta altre tempeste magnetiche. Quando gli scienziati avranno a disposizione osservazioni dirette di eventi differenti, potranno confrontarli tra loro, e ottimizzare così i modelli che spiegano cosa accade in queste enormi regioni di spazio nei nostri dintorni spaziali.

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