CAROTAGGI DEI FONDALI DEL PACIFICO

Resti di supernova sulla Terra

Grazie a una tecnica ad alta precisione, chiamata spettroscopia di massa con acceleratore, un team di ricercatori è riuscito a rilevare e datare con precisione i depositi di ferro-60 presenti nei fondali dell’Oceano Pacifico. I risultati dimostrano che 2.7 milioni di anni fa la Terra ha attraversato un resto di supernova

     11/08/2016
Resto della supernova 1987A, esplosa nella Grande Nube di Magellano, osservata dal telescopio spaziale Hubble. Crediti: NASA

Resto della supernova 1987A, esplosa nella Grande Nube di Magellano, osservata dal telescopio spaziale Hubble. Crediti: NASA

Quando esplode una supernova di tipo II, ovvero quando una stella massiccia termina la propria vita, si scatena un’energia tale da generare gli elementi più pesanti dell’Universo. Tra questi c’è il ferro-60, un radioisotopo per il quale non esistono, sul nostro pianeta, meccanismi di produzione naturali. La rilevazione di ferro-60 all’interno di campioni di roccia terrestri, dunque, dimostra che il materiale studiato proviene da un’esplosione di supernova.

Un team di ricercatori è riuscito a rilevare la presenza di ferro-60 in materiale estratto da carotaggi nei fondali dell’Oceano Pacifico, ed è riuscito a datare l’arrivo di questo materiale a 2.7 milioni di anni fa. Secondo le analisi, presentate in un articolo pubblicato di recente su Proceedings of the National Academy of Sciences, il Sistema solare in quell’epoca ha iniziato ad attraversare un resto di supernova, e ha continuato a transitarvi per circa un milione di anni.

I resti di supernova sono ciò che rimane in seguito all’esplosione come supernova di una stella massiccia, ovvero con massa superiore alle 8-10 volte la massa del Sole. Quando stelle di questa taglia consumano tutto il combustibile a loro disposizione e terminano la fase di vita stabile, collassano sotto l’effetto della propria gravità e producono le cosiddette supernove da collasso del nucleo. Se una supernova di questo tipo si verifica abbastanza vicino al Sistema solare, può capitare che arrivino sulla Terra residui di quell’esplosione sotto forma di isotopi particolari, tra cui il ferro-60.

Un eccesso di ferro-60 era già stato osservato in campioni datati a due milioni di anni fa, estratti sempre dall’Oceano Pacifico, e più di recente, anche in materiali lunari. Il segnale di ferro-60 rilevato in quei campioni era stato attribuito a materiale prodotto da una supernova, ma la risoluzione temporale era molto povera, e non aveva permesso di ottenere una datazione precisa.

Ora, per la prima volta, i ricercatori sono riusciti a rilevare con precisione le tempistiche del segnale dovuto al resto di supernova, a partire da carotaggi nel Pacifico. L’inizio del segnale è riconducibile a circa 2.7 milioni di anni fa, è centrato attorno a 2.2 milioni di anni fa, e si può dire significativamente concluso a 1.7 milioni di anni fa.

Per poter analizzare la struttura temporale del ferro-60 presente nei campioni terrestri è necessario un campione geologico con una risoluzione stratigrafica eccellente, un’ottima estrazione del ferro-60 e una sua bassa mobilità, in modo da poter conservare il ferro-60 il più possibile com’era al tempo in cui si è depositato, al di là del suo naturale decadimento.

Tutte queste condizioni sono soddisfatte nei sedimenti marini del Pacifico utilizzati in questo studio, poiché i materiali raccolti sono cresciuti con un tasso di sedimentazione costante, preservando le informazioni temporali sul segnale dovuto alla supernova. «Nonostante questo, la concentrazione di ferro-60 nei fossili è così bassa da risultare rilevabile solo attraverso l’utilizzo della tecnica ad alta sensibilità chiamata spettroscopia di massa con acceleratore», dice Peter Ludwig, ricercatore presso la Technical University of Munich e primo autore dell’articolo. I ricercatori hanno utilizzato l’acceleratore presente presso i Maier-Leibnitz Laboratory di Garching, in Germania, ottenendo le misure che hanno permesso di estrarre il ferro-60 dai campioni.

Nello studio è stato possibile risalire anche al tipo di stella progenitrice per la supernova, identificando nell’associazione Scorpius-Centaurus la sede più probabile. L’associazione Scorpius-Centaurus è un gruppo di stelle di classe spettrale OB (le più grandi che esistono) attualmente a circa 400 anni luce da noi. L’analisi del suo moto relativo hanno rivelato che 2.3 milioni di anni fa questo gruppo si trovava a circa 300 anni luce dal sistema solare, e che nel corso degli ultimi 10-15 milioni di anni ha sperimentato l’esplosione di un numero di supernovae che va da 15 a 20. Oltre a produrre gli elementi pesanti osservati, questa serie di esplosioni ha generato una cavità nel braccio di Orione della Via Lattea. Gli astronomi hanno soprannominato questa cavità la “bolla locale”.

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