ONDE ALTE FINO A 120 METRI

Quei mega tsunami che cambiarono Marte

La conferma dell'esistenza di un freddo e gigantesco oceano su Marte è arrivata l'anno scorso. Da allora si cerca di studiarne la composizione originaria per capire se fosse stato popolato da qualche forma di vita marina. Una recente ricerca ha portato alla luce le coste che delineavano questo oceano, coste drammaticamente sconvolte da diversi maremoti che hanno modificato nel corso di milioni di anni la superficie del Pianeta rosso

     20/05/2016
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Depositi del primo e del secondo tsunami in questa mappa dell’oceano di Marte. Crediti: Alexis Rodriguez

Gli tsunami sono eventi catastrofici che sconvolgono non solo il nostro pianeta. Anche Marte, sì quel pianeta nell’immaginario di tutti arido e polveroso, è stato più volte travolto da maremoti violenti e mostruosi che ne hanno cambiato per sempre le sembianze morfologiche. In realtà, gli esperti parlano proprio di mega tsunami per descriverne le immense dimensioni distruttive. A differenza di quanto accade sulla Terra (dove questi eventi sono causati da “semplici” terremoti che si verificano nelle profondità marine), su Marte gli tsunami furono eventi provocati perlopiù da violenti impatti di meteoriti. Non parliamo di tsunami recenti: la datazione arriva a oltre 3 miliardi di anni fa, quando su tutto l’emisfero Nord di Marte esisteva un vastissimo e freddo oceano.

Secondo un recente studio pubblicato su Nature Scientific Reports, sono due in particolare i mega tsunami che hanno stravolto la crosta superficiale di Marte. Gli eventi studiati avrebbero creato delle onde alte dai 50 ai 120 metri, inghiottendo centinaia di chilometri di terraferma, e avrebbero provocato la formazione vasti depositi sedimentari. Ognuno dei due tsunami avrebbe inghiottito aree grandi come la Francia e la Germania messe insieme: ciascuna delle aree dove sono stati trovati i depositi ha una superficie di circa un milione di chilometri quadrati.

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In questa immagine si vedono bene (contornati di giallo) i lobi ghiacciati che si sono formati dopo il secondo mega tsunami. La direzione del flusso di acqua salmastra e sabbia è indicata dalla freccia. Il lobo nell’immagine è lungo circa 250 chilometri, (poco più della distanza tra Milano e Venezia in linea d’aria). Crediti: Alexis Rodriguez

J. Alexis Palmero Rodriguez, del Planetary Science Institute nonché primo autore dello studio, ha spiegato che per più di 25 anni non si è riusciti a identificare alcun litorale né coste distribuite lungo aree con un’altezza costante e per questo l’ipotesi dell’esistenza di un oceano 3,4 miliardi di anni è stata spesso messa da parte. «La nostra scoperta offre una semplice soluzione a questo problema: depositi di sedimenti distribuiti dagli tsunami hanno caratterizzano le coste dei primi oceani marziani». Thomas Platz ha aggiunto: «Gli tsunami sarebbero stati innescati da bolidi, che circa ogni 3 milioni di anni hanno generato crateri da impatto sottomarini di circa 30 chilometri di diametro». Gli esperti credono che questi due tsunami in particolare abbiano avuto luogo nel giro di pochi milioni di anni l’uno dall’altro.

Rodriguez ha sottolineato che «durante il periodo di tempo che ha separato i due eventi, il livello dell’oceano si è ritirato per formare una costa bassa e il clima è diventato significativamente più freddo. La prova del cambiamento climatico è nella morfologia dei depositi derivati dallo tsunami». Il maremoto meno recente ha lasciato sedimenti fatti principalmente di enormi massi, e quando l’onda si è ritirata si sono formati enormi canali per effetto della risacca. Lo tsunami più recente ha creato dei lobi ghiacciati: poiché il clima era molto più freddo a quell’epoca, l’acqua che è uscita dall’oceano è subito congelata impastandosi con la sabbia lasciando detriti a forma di lobo. Lander che in futuro verranno inviati in questa zona preleveranno dei campioni di particolare importanza scientifica per studiare questa particolare acqua salmastra marziana.

Alexis figure1Le vaste aree coperte da questi lobi di ghiaccio implicano che i resti congelati dell’antico oceano su Marte potrebbero essere particolarmente diffusi sulla superficie del pianeta. E il materiale all’interno di questi lobi potrebbe essere quello che originariamente si è depositato, visto che i confini dei lobi sono così ben definiti. «Nonostante le condizioni climatiche fossero estremamente fredde e secche, l’antico oceano marziano probabilmente aveva una composizione salmastra che gli ha permesso di rimanere in forma liquida diverse decine di milioni di anni. Sulla Terra, gli ambienti salmastri “sotto zero” sono abitabili, di conseguenza alcuni dei depositi generati dallo tsunami potrebbero essere tra gli obiettivi degli astrobiologi», ha detto il co-autore Alberto Fairén, ricercatore presso il Centro di Astrobiologia in Spagna e uno scienziato presso la Cornell University. Insomma, se mai prima degli tsunami fosse esistita qualche forma di vita marina su Marte, potrebbe essere ancora lì, congelata sotto ghiaccio e sabbia.

«Abbiamo già individuato alcune aree che sono state inondate dallo tsunami, dove l’acqua ristagnata sembra aver depositato sedimenti lacustri, tra cui evaporiti. Come follow-up dello studio ci proponiamo di caratterizzare questi terreni e valutare il loro potenziale per future esplorazioni robotiche o umane», ha concluso Rodriguez.

È dunque ormai fuori da ogni dubbio che il grande e freddo oceano di Marte sia veramente esistito. Le prove ci sono, e anche conclamate. Tutto sta adesso nell’andare lì per analizzare i sedimenti. Chissà cosa potremmo scoprire di nuovo sul nostro “vicino” di casa!

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