NELLE GALASSIE LONTANE

La metallicità è uguale per tutte

Un’indagine su un campione di quarantuno galassie distanti rivela che in esse l’abbondanza degli elementi più pesanti dell'idrogeno e dell'elio è quasi la stessa, indipendentemente dall’attività di produzione di nuove stelle. Nel team internazionale che ha realizzato la scoperta anche Alvio Renzini e Gianni Zamorani dell'INAF

     13/05/2016
 Nel riquadro in blu è indicata una delle galassie studiate. Scomponendo la sua luce gli astronomi sono riusciti a ricavare informazioni sul tasso di formazione stellare e sull'abbondanza dei metalli (ovvero gli elementi più pesanti dell'idrogeno dell'elio) in essa contenuti. Crediti: 3D-HST / NASA / ESA / STScI


Nel riquadro in blu è indicata una delle galassie studiate. Scomponendo ed analizzando la sua luce gli astronomi sono riusciti a ricavare informazioni sul tasso di formazione stellare e sull’abbondanza dei metalli (ovvero gli elementi più pesanti dell’idrogeno dell’elio) in essa contenuti. Crediti: 3D-HST / NASA / ESA / STScI

Quarantuno galassie lontane lontane. Tanto lontane che la loro luce ha dovuto viaggiare quasi 12 miliardi di anni per arrivare fino a noi, portando con sé preziose informazioni sulle proprietà delle stelle che l’hanno prodotta e l’ambiente in cui si trovavavo. Informazioni sul tasso di formazione stellare e sull’abbondanza di elementi chimici più pesanti dell’idoogeno e dell’elio (che gli astronomi chiamano metalli) che sono state decifrate da un team di ricercatori dell’Osservatorio Nazionale del Giappone e dell’ETH (Eidgenössische Technische Hochschule) di Zurigo, a cui hanno partecipato anche Alvio Renzini e Gianni Zamorani dell’INAF, scoprendo che nelle galassie analizzate l’abbondanza di metalli è quasi la stessa, indipendentemente dall’attività di produzione di nuove stelle. Un risultato per nulla scontato, come ci spiega Renzini: «Il nostro studio, che si è basato su indagini spettroscopiche nel vicino infrarosso, ci ha permesso di scoprire che lontane galassie osservate mostrano una metallicità, cioè la frazione di elementi pesanti che, prodotti nelle stelle, vengono poi diffusi nel gas delle galassie, pari a circa un quinto di quella osservata in galassie simili e più vicine. Questo fatto era già abbastanza noto e non sorprendente. Il risultato più sorprendente è che, studiando in dettaglio le proprietà di queste galassie, abbiamo trovato che esse non seguono la relazione fra massa, tasso di formazione stellare e metallicità che, proposta anni fa da Filippo Mannucci, attualmente Direttore dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri dell’INAF, descrive molto bene le proprietà di galassie più vicine».

«Il nostro studio dimostra che per le galassie giovani, a grandi distanze, come quelle da noi studiate, purtroppo non è possibile usare la relazione locale per stimare in modo preciso la loro metallicità conoscendo solo la massa e il tasso di formazione stellare» ribadisce Zamorani, che aggiunge: «In particolare, sembra che per queste galassie nell’Universo ancora giovane il tasso di formazione stellare non giochi un ruolo particolarmente importante nel determinare la metallicità del gas. Se confermato da futuri studi su campioni di galassie più grandi, questo risultato avrebbe delle implicazioni importanti per la determinazione della storia e dell’efficienza della formazione stellare in queste galassie».

L’indagine, pubblicata in un articolo sulla rivista The Astrophysical Journal e guidata da Masato Onodera, astronomo dell’ETH di Zurigo e dell’Osservatorio Nazionale del Giappone, è stata realizzata grazie alle osservazioni condotte con il Telescopio Keck, gestito dal Caltech e dall’Università della California, sfruttando la quota di scambio di tempo osservativo fra il Keck e il Telescopio Subaru giapponese, che si trovano sulle Isole Hawaii. «Il nostro team comprende astronomi con base in Giappone, Svizzera, Italia e USA, un bell’esempio di collaborazione internazionale!» conclude Zamorani.

Per saperne di più:

  • leggi l’articolo ISM excitation and metallicity of star-forming galaxies at z~3.3 from near-IR spectroscopy di M. Onodera, C.M. Carollo S. Lilly, A. Renzini, N. Arimoto, P. Capak, E. Daddi, N. Scoville, S. Tacchella, S. Tatehora, G. Zamorani pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal