L’ESPERIMENTO CON IMPULSI LASER

Vapore di meteoriti per salvarci dagli asteroidi

Muovendosi in anticipo, potremmo riuscire a deviare la traiettoria di eventuali oggetti che minacciosamente si avvicinassero al nostro pianeta. Per ora sono due i metodi presi in considerazione per tentare di deflettere gli asteroidi: esplosioni nucleari e proiettili iperveloci. Ma occorre conoscere meglio i potenziali bersagli. Ed è ciò che si apprestano a fare all'LLNL

     11/05/2016
Frammenti di meteoriti

La ricercatrice Megan Bruck Syal, del Lawrence Livermore National Laboratory, esamina una coppia di meteoriti destinati ad essere vaporizzati da un laser ad alta potenza. Crediti: Julie Russell/LLNL

Il prossimo 30 giugno in tutto il mondo si celebrerà il secondo Asteroid Dayuna giornata globale di sensibilizzazione per rendere consapevole la popolazione della natura degli asteroidi, della frequenza di impatti con la Terra e delle strategie per proteggere il nostro pianeta e l’umanità da potenziali disastri. Gli scienziati sono al lavoro da anni per studiare modi per preservare la vita sulla Terra e prevedere il passaggio di oggetti eventualmente pericolosi per noi che l’abitiamo.

Il primo passo, ci insegna Sun Tzu ne L’arte della guerra, è conoscere il nemico. E fortunatamente qualche nemico da interrogare lo abbiamo già catturato: sono infatti migliaia e migliaia i piccoli meteoriti che ogni anno cadono sulla Terra. Secondo i ricercatori del Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL), i dati che si possono estorcere – torturandole con un laser e riducendole in polvere – da queste piccole rocce potrebbero un giorno salvare il nostro pianeta da un drammatico disastro.

Rocce come i due frammenti,  non più grandi di una noce, recapitati a Megan Bruck Syal, la ricercatrice postdoc dell’LLNN incaricata di condurre lo spietato interrogatorio. Si tratta di due meteoriti che si sono formati 4,6 miliardi di anni fa, sopravvivendo fino ai giorni nostri a violente collisioni nella fascia degli asteroidi per poi venire sbatacchiati, dalle interazione gravitazionali con i pianeti, su una tipica orbita da NEO (Near-Earth Object). Una volta piovute sulla Terra, queste rocce sono state dapprima rinvenute in Antartide, quindi classificate presso il Johnson Space Center della NASA, e infine spedite per posta prioritaria a Bruck Syal. Il loro destino era segnato sin dall’inizio della spedizione: venir vaporizzate da un potente laser per studiare come, in un prossimo futuro, poter deflettere alcune classi di asteroidi. Quelli più minacciose per noi terrestri.

Bruck Syal non ha dubbi: «La questione non è se, ma quando», sottolinea. Presto o tardi, insomma, un grande masso spaziale punterà verso la Terra. E noi, se ancora ci saremo, dovremo difenderci in qualche modo, perché la nostra atmosfera non basterà. Uno scudo fantascientifico o un razzo per deviarne la traiettoria? Chissà. Magari non vedremo soluzioni da film hollywoodiano, ma un piano gli scienziati dovranno averlo in mente.

Il team di esperti dell’LLNL, tra cui ingegneri e fisici, lavora al progetto da oltre un anno e ha per ora ridotto a due i principali metodi per deflettere gli asteroidi: esplosioni nucleari e proiettili iperveloci. Obiettivo: cambiare quanto basta la traiettoria dell’oggetto. A parole sembra un gioco da ragazzi, ma in realtà è una strategia estremamente difficile da mettere in pratica, perché – come spiega Bruck Syal – «ogni asteroide è unico». E proprio questa unicità di orbita, rotazione, forma, dimensioni e composizione «fa sì che riuscire a prevedere come reagirà a un tentativo di deviazione rappresenti una sfida».

La NASA ha già identificato circa 14 mila NEO, ogni anno ne individua più o meno 1500, e per ognuno di questi oggetti ha calcolato la traiettoria e la probabilità di impatto con la Terra. Finora ce la siamo cavata, ma in questa lunga lista ci sono 1600 oggetti potenzialmente pericolosi che si trovano a meno di 20 volte la distanza Luna-Terra. Il problema è che mappare questi asteroidi, sapere con esattezza dove si trovano, serve a poco, se poi non abbiamo un modo per evitarli.

Queste rocce, infatti, non sono come quelle che troviamo sulla Terra: tendono a essere decisamente più eterogenee. Contengono condruli, cioè ciottoli vetrosi, incastonati nei meteoriti, considerati tra le prime rocce solide a essersi formate nel Sistema solare. La loro natura eterogenea rende difficile ottenere dati sperimentali. Gli esperti stanno ancora cercando di capire quale può essere il laser migliore per “condurre l’interrogatorio”. Ecco perciò che, da qui all’autunno, con l’aiuto di colui che descrivono come “uno fra gli ultimi mastri ottici sulla faccia della Terra”, lucideranno e taglieranno le due rocce a fettine identiche e sottilissime, appena qualche decina di micron ciascuna. Così da avere bersagli in abbondanza da bersagliare con impulsi laser di durata nell’ordine dei nanosecondi, riducendoli in fumo. Sperando che i dati estratti da quel “vapore di meteorite” possano consentirci di conoscere il nemico abbastanza a fondo da poterlo deviare il giorno in cui l’attacco verrà sferrato.