BURST: SUPERCOMPUTER NELL’UNIVERSO PRIMORDIALE

Tutto il Big Bang minuto per minuto

Nell’attesa che nuovi giganteschi telescopi e potentissimi collisori di particelle vengano costruiti, la fisica si trova di fronte a un limite tecnologico. La soluzione potrebbe arrivare da un nuovo supercomputer capace di ricostruire i primi minuti dell’Universo

     22/04/2016
Il codice BURST sviluppato dagli scienziati di Los Alamos è in grado di calcolare con altissima precisione la quantità di nuclei leggeri sintetizzati durante il Big Bang. Crediti: Los Alamos National Laboratory.

Il codice BURST sviluppato dagli scienziati di Los Alamos è in grado di calcolare con altissima precisione la quantità di nuclei leggeri sintetizzati durante il Big Bang. Crediti: Los Alamos National Laboratory.

È una ricerca innovativa e multidisciplinare – che tiene insieme fisica nucleare, fisica delle particelle e cosmologia – quella che ha portato gli scienziati del Los Alamos National Laboratory, in New Mexico, a dare vita al sofisticatissimo codice BURST per lo studio dell’Universo primordiale. Un supercomputer, il più preciso mai realizzato, in grado di simulare le condizioni in cui dal Big Bang, nel giro di una manciata di minuti, si è arrivati alla formazione dell’Universo, almeno nella sua forma embrionale.

Anticipando il livello di accuratezza dei dati cosmologici cui promette di spingersi la prossima generazione di telescopi Extremely Large, il codice BURST accende una luce sul complicato puzzle della cosmologia odierna. Per l’astrofisico Mark Paris, del Nuclear and Particle, Astrophysics and Cosmology group di Los Alamos: «Possiamo finalmente indagare l’origine e la natura della materia visibile, studiando le proprietà di materia oscura e radiazione oscura».

Di fatto il codice BURST permette ai fisici di sfruttare l’Universo primordiale come laboratorio analisi degli effetti delle particelle fondamentali presenti nei primi minuti del Cosmo, dopo il Big Bang (vedi MediaINAF). Uno studio della natura quantistica delle particelle fondamentali – gli elementi costitutivi della materia subatomica – e che simula l’Universo su scala cosmologica.

«È il genere di cose che tradizionalmente vengono studiate con un acceleratore di particelle, come il Large Hadron Collider del CERN, shakerando componenti subatomiche in un cocktail di alte energie», scherza George Fuller della University of California di San Diego, fra i collaboratori dell’esperimento di Los Alamos. «BURST apre le porte a un nuovo modo di simulare questi eventi complicatissimi da studiare. Un approccio che potremmo definire autonomo: il computer traccia il comportamento di tutte le particelle coinvolte e aumenta la nostra capacità di calcolo. Cosa che ci permette di dire qualcosa in più su quelle particelle esotiche di cui tanto si discute a livello teorico».

L’Universo primordiale, insomma, sta diventando qualcosa di estremamente vincolato a parametri conosciuti e calcolabili che potrebbe rivelarsi un ottimo ambiente dove testare le ipotesi di fisica quantistica. A pochi secondi dal Big Bang, possiamo immaginare che il Cosmo non fosse altro che una bollente zuppa di particelle subatomiche. Con l’espansione dell’Universo le reciproche interazioni fra queste particelle hanno messo in moto una specie di grande reattore termonucleare, che ha prodotto nuclei leggeri come l’idrogeno, l’elio e il litio. Questa abbondanza di nuclei leggeri dipende a sua volta dal comportamento di altre particelle come i neutrini o i neutrini sterili.

«Il neutrino è la seconda particella più abbondante nell’Universo che abitiamo dopo i fotoni, eppure di loro sappiamo ancora poco», sottolinea Evan Grohs, dottorato alla UCSD e oggi fra i ricercatori di Los Alamos. «Il codice BURST ci permette di lavorare su un terreno altrimenti inaccessibile per la fisica: i grandi telescopi da 10 metri non sono più sufficienti e i giganti da 30 metri sono ancora in costruzione».