NEI DATI VLA UN SEGNALE SOSPETTO

Lampo radio o buco nero?

Quello che era stato identificato a febbraio scorso come il bagliore successivo all’accensione di un Fast Radio Burst potrebbe essere in realtà lo sfarfallìo di un buco nero supermassiccio. Il commento di Marta Burgay dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari dell’INAF, co-autrice del precedente studio

     05/04/2016
Impressione artistica di un Fast Radio Burst in arrivo sulla Terra. Crediti: Jingchuan Yu, Planetario di Pechino

Impressione artistica di un Fast Radio Burst in arrivo sulla Terra. Crediti: Jingchuan Yu, Planetario di Pechino

A febbraio scorso un gruppo di astronomi aveva riferito su Nature di aver catturato il bagliore emesso in seguito all’accensione di un Fast Radio Burst (FRB), chiamato “afterglow”, e che questo aveva portato all’individuazione precisa della posizione del lampo radio. In seguito alla pubblicazione, questi risultati sono stati messi in discussione a lungo, e ora uno studio di Peter Williams ed Edo Berger dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics afferma che l’emissione radio interpretata come afterglow dell’FRB proverrebbe invece dal nucleo attivo di una galassia lontana.

Come suggerisce il nome stesso, gli FRB sono lampi di luce radio della durata di piccole frazioni di secondo. I primi esemplari di questa classe sono stati identificati nel 2007 e da allora la loro origine è rimasta un mistero. «Non sappiamo ancora se provengano dalla nostra galassia o se siano di natura extragalattica», spiega Berger.

La maggior parte degli FRB è stata identificata grazie all’analisi accurata di dati d’archivio, e questo ha reso impossibile un monitoraggio della sorgente successivo all’accensione. Il lampo denominato FRB 150418 è il secondo ad essere stato identificato in tempo reale, e le osservazioni radio pubblicate a febbraio scorso mostravano un afterglow che si affievoliva in seguito al lampo. Il bagliore osservato è stato identificato come proveniente da una galassia a circa 6 miliardi di anni luce dalla Terra.

Tra febbraio e marzo di quest’anno, Williams e Berger hanno studiato la galassia ospite utilizzando la rete di radiotelescopi Very Large Array (VLA). Se le osservazioni corrispondessero effettivamente a un afterglow, la sua luminosità si sarebbe dovuta spegnere completamente. Ciò che hanno trovato i due ricercatori, invece, è una sorgente radio persistente, la cui intensità varia in modo casuale, raggiungendo livelli che potrebbero corrispondere al segnale identificato come afterglow.

Nell’immagine, la rete di telescopi che compongono il Very Large Array. Crediti: NRAO

Nell’immagine, la rete di telescopi che compongono il Very Large Array. Crediti: NRAO

«Quello che ha visto l’altro team non è nulla di insolito», afferma Berger. «L’emissione radio proveniente da questa sorgente aumenta e diminuisce, ma non si spegne. Questo significa che non può essere associato all’FRB».

La sorgente identificata da Williams e Berger è una galassia attiva, alimentata da un buco nero supermassiccio collocato al suo centro. Tale oggetto emette getti verso l’esterno, garantendo una luminosità radio variabile, ma continua. Le variazioni osservate da Terra potrebbero essere dovute a un processo chiamato scintillazione, ovvero una variabilità fittizia introdotta dalla presenza di gas interstellare che fa aumentare e diminuire l’intensità luminosa di una sorgente proprio come l’atmosfera terrestre fa apparire tremolante la luce delle stelle. Inoltre, trattandosi di un nucleo galattico attivo, potremmo osservare una sorgente intrinsecamente variabile.

Se quindi da un lato l’associazione diretta con il lampo radio non sembra essere più certa, dall’altro i ricercatori sottolineano l’importanza di future campagne osservative. «In questo momento la scienza degli FRB si trova nelle condizioni in cui era quella dei lampi di raggi gamma 30 anni fa», aggiunge Williams. «Abbiamo visto questi segnali apparire e scomparire, ma non sappiamo cosa siano e da cosa vengano prodotti. Per i lampi gamma abbiamo molte informazioni in più, e abbiamo forti candidati per i progenitori di quelli a breve e a lunga durata. Con l’aumento della quantità di dati e un pizzico di fortuna, mi aspetto che tra qualche anno saremo in grado di risolvere anche il mistero degli FRB».

«La sana discussione scientifica nata nella comunità astronomica a seguito della nostra pubblicazione su Nature è estremamente stimolante ed è testimonianza del grande interesse e delle grandi potenzialità dei Fast Radio Burst», commenta a Media INAF Marta Burgay dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari, co-autrice dello studio apparso su Nature un paio di mesi fa riguardante FRB 150418. «I risultati osservativi pubblicati da Williams e Berger sono senz’altro interessanti. Il nostro team sta terminando l’analisi di una serie di ulteriori dati acquisiti negli ultimi mesi e, benché al momento sia prematuro annunciare conclusioni definitive, pubblicheremo i nostri risultati nei prossimi mesi. Presto equipaggeremo anche il Sardinia Radio Telescope con strumenti adeguati alla scoperta di FRB in tempo reale e potremo contribuire ulteriormente alla risoluzione di questo affascinante mistero».

I Fast Radio Burst continuano dunque a regalarci colpi di scena, e noi saremo pronti a raccontarvi il prossimo capitolo di questa appassionante storia cosmica.

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