STORICA CONFERMA DEL TEOREMA DI BELL

È crollato il realismo locale

Ottenuta a Delft, in Olanda, la prima verifica sperimentale loophole-free (senza scappatoie) di violazione della disuguaglianza di Bell. I risultati, pubblicati su Nature, rappresentano una convalida senza precedenti degli aspetti più controintuitivi della meccanica quantistica

     21/10/2015
Il set dell'esperimento presso il campus della Delft University of Technology, con i due laboratori A e B alle estremità, separati da 1.3 km, e il laboratorio C in basso al centro. Crediti: Slagboom en Peters BV

Il set dell’esperimento presso il campus della Delft University of Technology, con i due laboratori A e B alle estremità, separati da 1.3 km, e il laboratorio C in basso al centro. Crediti: Slagboom en Peters BV

Caro Albert, qua tocca proprio rassegnarsi: meccanica quantistica batte plausibilità, senza possibilità d’appello. E quale che sia la misteriosa relazione fra Alice e Bob, certo è che non soggiace a quelle due assunzioni in apparenza così ragionevoli che sono il realismo e la località. A stabilirlo in modo pressoché definitivo, per la prima volta senza “scappatoie” (loopholes), un esperimento durato 18 giorni realizzato presso i laboratori della Technische Universiteit di Delft, in Olanda, sotto la guida di Bas Hensen e Ronald Hanson, e pubblicato oggi su Nature.

Per farci un’idea della portata di questo risultato, conviene partire dal principio entrato definitivamente in crisi, quello appunto del realismo locale, stando al quale un’azione fra due o più entità non può propagarsi più veloce della luce (principio di località) e un’osservazione rivela proprietà fisiche preesistenti e indipendenti rispetto all’osservazione stessa (realismo, appunto). Un principio talmente ragionevole che lo stesso Albert Einstein proprio non poteva accettare di rinunciarvi, bollando le bizzarrie previste dalla meccanica quantistica, in particolare quelle relative a fenomeni d’entanglement, come “spettrali azioni a distanza” (spooky actions at a distance).

Una via elegante e percorribile per mettere sperimentalmente alla prova il realismo locale la indica un teorema formulato nel 1964 da John Bell. Da allora, d’esperimenti che si rifanno al teorema di Bell, in grado di misurare in laboratorio – o meglio, in coppie di laboratori – le sue disuguaglianze, se ne sono svolti a decine, dimostrando sperimentalmente la violazione delle disuguaglianze e consacrando così vincitrice la meccanica quantistica.

Ma un’ombra aleggiava fino a oggi su questi risultati: la possibilità di loopholes, ovvero di potenziali “scappatoie” che l’assetto sperimentale non fosse riuscito a escludere completamente. Anzitutto scappatoie relative alla separazione causale fra i due laboratori di volta in volta coinvolti: per mettere in crisi il principio di località con il rigore richiesto, devono essere sufficientemente distanti fra loro e dotati di apparati sufficientemente veloci da garantire che, anche comunicando alla velocità della luce, non possano “barare”, ovvero scambiarsi informazioni sui rispettivi stati e risultati. Ma anche scappatoie relative all’efficienza del sistema di misura: per sgombrare il campo dalla possibilità che vengano misurati alcuni eventi e non altri, e dunque che a invalidare il realismo sia proprio l’azione della misura sul risultato e non un errore di selezione, dev’essere tale da tenere conto di tutte le coppie in entanglement prodotte.

Ebbene, prima dell’esperimento di Delft queste due potenziali falle metodologiche erano state gestite con successo soltanto una per volta, mai entrambe allo stesso tempo. Per tappare tutti i loopholes, Hensen e colleghi hanno fatto ricorso a un assetto sperimentale (vedi il primo dei due video qui sotto) un po’ diverso da quello standard: tre laboratori, invece dei due canonici, con Alice e Bob (A e B, i due laboratori principali, vedi figura in alto) a 1280 metri di distanza l’uno dall’altro e il laboratorio di misura C più o meno a metà strada. In A in B hanno poi generato coppie elettrone-fotone in entanglement, con l’elettrone intrappolato grazie a un’impurità (un centro NV, ovvero una lacuna abbinata a un atomo d’azoto) nel reticolo d’un chip di diamante raffreddato a 4K e il fotone inviato, tramite fibra ottica, al laboratorio C. Mentre in A e B i dispositivi misuravano, dopo aver variato in modo casuale l’assetto della misura stessa, lo spin dei due elettroni registrando di volta in volta il risultato, in C si valutava, confrontando i due fotoni ricevuti, se gli elettroni di A e B si trovassero in stato d’entanglement. Eventualità che, durante le 220 ore di durata dell’esperimento, s’è presentata circa una volta all’ora. Per l’esattezza, 245 volte: un numero sufficiente per un test statisticamente significativo della disuguaglianza di Bell.

In base ai principi del realismo locale, il valore dei risultati dovrebbe essere in media minore o uguale a 2 (vedi l’animazione a fumetti qui sotto). Il numero ottenuto al termine dell’esperimento è invece superiore – 2.42 – dimostrando così la violazione della disuguaglianza. E confermando, per la prima volta senza “scappatoie”, che il realismo locale deve alzare bandiera bianca innanzi alle previsioni teoriche della meccanica quantistica.

Per saperne di più:

Guarda questo video (in inglese) sull’esperimento e sui concetti di località ed entanglement quantistico:

https://www.youtube.com/watch?v=dKwIWIorVg8

Guarda quest’animazione (in inglese) per una chiara spiegazione a fumetti del test di Bell:

https://www.youtube.com/watch?v=lCfNERMPaFg