ROTAZIONE UN PO’ PIU’ VELOCE DEL PREVISTO

Mercurio strattonato da Giove?

Grazie alle misure altimetriche della sonda spaziale MESSENGER, si è potuto determinare che la velocità di rotazione su sé stesso di Mercurio è, in media, un po’ più veloce di quanto misurato da Terra. Una delle spiegazioni possibili è l'influsso del campo gravitazionale gioviano

     10/09/2015
Uno scorcio della mappa completa di Mercurio ottenuta con le immagini riprese dalla Wide Angle Camera (WAC) di MESSENGER. I colori sono relazionati alle variazioni di riflettanza spettrale attorno al pianeta, un valore indicativo della composizione superficiale. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington

Uno scorcio della mappa completa di Mercurio ottenuta con le immagini riprese dalla Wide Angle Camera (WAC) di MESSENGER. I colori sono relazionati alle variazioni di riflettanza spettrale attorno al pianeta, un valore indicativo della composizione superficiale. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington

Mercurio, il pianeta più interno del Sistema Solare, è in anticipo. Non un granché, solo 9 secondi: un piccolo passo per un globo di quasi 5.000 km di diametro, ma un grande salto per gli scienziati che cercano di determinare con la massima accuratezza il modo peculiare con cui piroetta su sé stesso.

Mercurio, infatti, non ruota sul suo asse in maniera costante, ma presenta delle fluttuazioni regolari nella velocità di rotazione durante il periodo di circa 88 giorni in cui compie un’orbita completa attorno al Sole. Queste oscillazioni, dette librazioni, sono causate dalle interazioni gravitazionali del pianeta con la sua stella: l’attrazione gravitazionale del Sole accelera o rallenta la rotazione di Mercurio a seconda di dove questo si trovi all’interno della sua orbita ellittica, la più eccentrica tra gli otto pianeti del nostro sistema.

Naturalmente gli scienziati avevano già calcolato le librazioni di Mercurio con misure da Terra, ma ora un nuovo studio, guidato da scienziati dell’Istituto per la ricerca planetaria al centro aerospaziale tedesco DLR, basato su dati raccolti dalla sonda spaziale MESSENGER, ha trovato che, in media, Mercurio ruota sul suo asse nove secondi più velocemente di quanto fosse stato previsto in precedenza.

Per dare un’idea di cosa comportino quei 9 secondi di differenza, immaginiamo di piantare una bandierina in un punto all’equatore di Mercurio: dopo quattro anni non la troveremmo nel punto dove la prevedevano i vecchi calcoli ma 700 metri più in là.

Secondo gli scienziati, una possibile spiegazione alla differenza nella velocità di rotazione può essere fornita da “strattoni” prodotti dal forte campo gravitazionale di Giove, che possono avere modificato la distanza orbitale di Mercurio dal Sole, e di conseguenza i suoi effetti sulla rotazione del pianeta. Gli autori ritengono che Giove abbia sovrapposto un periodo di circa 12 anni – che corrisponde all’anno gioviano – sopra il periodo di librazione di 88 giorni tipico di Mercurio. Questo librazione a lungo termine potrebbe essere la causa del leggero aumento della velocità osservata, ma per esserne certi bisognerà attendere la prossima missione dell’ESA, l’Agenzia spaziale europea, da lanciare nel 2017 e denominata BepiColombo.

I profili d’elevazione (rosso: alto, blu: basso) dell’emisfero nord di Mercurio ottenuti dall’altimetro laser a bordo di MESSENGER, usati nel nuovo studio per determinar la velocità di rotazione del pianeta. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington/DLR

I profili d’elevazione (rosso: alto, blu: basso) dell’emisfero nord di Mercurio ottenuti dall’altimetro laser a bordo di MESSENGER, usati nel nuovo studio per determinar la velocità di rotazione del pianeta. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington/DLR

Il nuovo studio ha anche riscontrato che quando Mercurio si allontana dal Sole la sua rotazione perde 460 metri, una distanza che viene prontamente riguadagnata con l’accelerazione impressa dal suo riavvicinarsi alla stella.

L’accuratezza di queste nuove misure permette agli scienziati di fare diverse considerazioni sulla composizione interna di Mercurio, che può essere dedotta proprio dalle instabilità periodiche del suo movimento orbitale. In particolare si può calcolare la proporzione tra materiale solido e liquido di cui è composto, un po’ come quando si riesce a distinguere se un uovo è sodo oppure no dal modo in cui ruota sul tavolo.

«Le nostre misure, che coincidono con quelle effettuate dalla Terra, mostrano che la librazione di Mercurio è circa il doppio di quanto ci si aspetterebbe se il pianeta fosse interamente solido», spiega uno degli autori, Jean-Luc Margot dell’Università della California.

«Questo conferma che Mercurio possiede un grande nucleo parzialmente liquefatto, il quale rappresenta più della metà del volume e approssimativamente il 70 per cento della massa del pianeta», aggiunge Jürgen Oberst del DLR Institute of Planetary Research.

«Con la misura della velocità rotazionale e le risultanti conclusioni sulla composizione interna di Mercurio, abbiamo portato a termine uno dei principali obbiettivi della missione MESSENGER», commenta Alexander Stark del DLR Institute of Planetary Research, primo firmatario del nuovo studio, che sottolinea in conclusione come precisi modelli di rotazione del pianeta siano la base per generare mappe accurate, le quali, a loro volta, sono importanti per pianificare le future missioni su Mercurio, come BepiColombo.