NEI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Il Sole scagionato

Un nuovo metodo di conteggio delle macchie solari mostra un'attività stabile negli ultimi 400 anni, in contrasto con l'aumento progressivo, frutto, pare, di un errore di calibrazione. Questo risultato mette in forte crisi l'ipotesi che vi sia una correlazione tra l'attività solare e i cambiamenti climatici osservati sul nostro pianeta. Il nuovo studio è stato presentato alla XXIX Assemblea Generale dell'IAU

     11/08/2015

Il minimo di Maunder è il nome con cui si identifica un periodo che va dal 1645 al 1715, caratterizzato da uno scarso numero di macchie solari e da inverni molto rigidi. Questa correlazione ha portato a dedurre che ci potesse essere un legame tra attività solare e il cambiamento climatico. Fino ad ora vi è sempre stato un consenso generale circa l’aumento dell’attività solare negli ultimi 300 anni (a partire dalla fine del minimo di Maunder), con un picco nel tardo 20° secolo chiamato da qualcuno il Grande Massimo Moderno.

Questa tendenza ha portato a concludere che il Sole abbia svolto un ruolo significativo nei moderni cambiamenti climatici. Tuttavia, la discrepanza tra i conteggi del numero di macchie solari ottenute con due metodi differenti ha provocato negli anni delle controversie tra gli scienziati.

I due metodi di conteggio del numero di macchie solari si chiamano il Wolf Sunspot Number (WSN) e il Group Sunspot Number (GSN) e indicano livelli significativamente diversi di attività solare prima del 1885 e intorno al 1945. Il WSN è stato messo a punto da Rudolf Wolf nel 1856 ed è la tecnica più antica di conteggio delle macchie solari. Il metodo di basa sul numero di gruppi di macchie e sul numero di macchie all’interno di ogni gruppo. Nel 1994 sono stati sollevati i primi dubbi circa la validità del metodo WSN, poiché le limitazioni dovute ai telescopi più antichi rendono facile perdere di vista le macchie più piccole. A partire da queste considerazioni, nel 1998 è stato introdotto il metodo GSN, basato unicamente sul numero di gruppi di macchie, in grado di risalire fino ai dati raccolti da Galileo Galilei.

Un disegno del Sole realizzato da Galileo Galilei il 23 Giugno 1613 che mostra le posizioni e le dimensioni delle macchie solari. Galileo fu uno dei primi a osservare e registrare il numero e la forma delle macchie solari. Crediti: The Galileo Project/M. Kornmesser

Un disegno del Sole realizzato da Galileo Galilei il 23 Giugno 1613 che mostra le posizioni e le dimensioni delle macchie solari. Galileo fu uno dei primi a osservare e registrare il numero e la forma delle macchie solari. Crediti: The Galileo Project/M. Kornmesser

Questi due metodi producono risultati molto diversi per i dati precedenti al 1885, inoltre il GNS mostra un andamento in continua crescita che parte dal 18° secolo e culmina nel 20° secolo, non confermato dal WSN. In generale, le discrepanze prodotte da questi due metodi e le loro possibili implicazioni su attività solare e cambiamenti climatici rendevano difficile pensare che potessero continuare a coesistere.

Il recente conteggio del numero di macchie solari è frutto del Sunspot Number Version 2.0, implementato da Frédéric Clette, Direttore del World Data Centre a Bruxelles, Ed Cliver del National Solar Observatory e Leif Svalgaard della Stanford University in California. Questo nuovo metodo confuta l’ipotesi che vi sia stato un Grande Massimo Moderno.

I risultati, presentati la scorsa settimana alla XXIX Assemblea Generale dell’Unione Astronomica Internazionale a Honolulu, rendono difficile spiegare i cambiamenti climatici osservati a partire dall’inizio del 18° secolo fino a tutta la rivoluzione industriale del 20° con un’influenza significativa da parte dell’attività solare. L’apparente tendenza al rialzo del numero di macchie tra il 18° secolo e la fine del 20° secolo è stata riconosciuta come frutto di un importante errore di calibrazione del Group Sunspot Number. Ora che questo errore è stato corretto, l’attività solare appare relativamente stabile dal 1700 ad oggi. Il numero di macchie solari è l’unica misura diretta dell’evoluzione del ciclo solare su più secoli ed è attualmente l’esperimento scientifico della durata più estesa in assoluto.

La nuova misura del numero di macchie solari fornisce un valore omogeneo, che comporta un’attività solare sostanzialmente costante negli ultimi 400 anni. I modelli di evoluzione del clima dovranno essere corretti tenendo conto del nuovo quadro delle variazioni a lungo termine dell’attività solare. Questo lavoro stimolerà nuovi studi sia in fisica solare, per quanto riguarda i modelli e le previsioni dei cicli solari, che in climatologia. Inoltre, potrà essere utilizzato per estrapolare decine di millenni di storia dell’attività solare a partire da carotaggi di ghiaccio e anelli degli alberi, aiutando a chiarire il ruolo svolto dal Sole nei cambiamenti climatici su scale temporali ancora più lunghe.

Lo studio di fatto rafforza l’opinione di quanti, la maggioranza ormai, imputa i cambiamenti climatici in atto come imputabili, quasi interamente, ad un effetto antropico, all’influenza dell’uomo sul pianeta e dovrebbe imporre un’accelerazione sulle politiche energetiche che portino ad un abbattimento delle emissioni nocive nell’atmosfera.

Per saperne di più, l’articolo che presenta il nuovo metodo di misura delle macchie solari è disponibile a questo link.