L’INTERVISTA AL PRESIDENTE DELL’INAF

Spazio al futuro, ricordando il passato

L’assemblea generale del COSPAR alle porte, quarantacinque anni dal primo sbarco sulla Luna e le prossime pietre miliari dell’esplorazione umana del Sistema solare. La versione di Giovanni Bignami

     18/07/2014

apollo-11Sarà Mosca ad ospitare quest’anno, dal 2 al 10 agosto, la quarantesima assemblea generale del COSPAR, il Comitato per la Ricerca Spaziale. Migliaia di scienziati da ogni parte del mondo si incontreranno e discuteranno a tutto campo su temi che vanno dalla meteorologia all’astrofisica, dagli studi sul Sistema solare fino a quelli che ci spingono ai confini dell’Universo, ma anche su materiali e tecnologie spaziali. All’incontro non mancherà certo Giovanni Bignami, presidente INAF ma anche, dal 2010, del COSPAR.

“Il COSPAR è un comitato antico e glorioso, nato nel 1958 subito dopo il lancio dello Sputnik con l’idea di permettere agli scienziati di lavorare insieme nello spazio, indipendentemente dalla politica” dice Bignami ai microfoni di Media INAF. “Quest’anno appunto è in programma la quarantesima assemblea, un congresso che coinvolge di solito molte migliaia di scienziati, 3-4.000 persone. Un’operazione gigantesca che riempie l’università di Mosca. Per me è un evento particolarmente importante perché conclude il mio mandato quadriennale da presidente del COSPAR. Sono stati anni bellissimi, per me di grande impegno e interesse, segnati anche da qualche successo. abbiamo avuto ulteriori nuove nazioni che sono entrate nel COSPAR: siamo arrivati a 46 adesso, cosa molto significativa. E poi abbiamo inventato un nuovo modo di comunicare tra le nazioni e un modo di aiutare in qualche modo quelli che vogliono entrare nella ricerca spaziale. Insomma, il COSPAR è un ambiente estremamente stimolante e affascinante, dove l’Italia dice la sua. l’INAF è ufficialmente rappresentante del nostro Paese nel COSPAR e devo dire che grazie ai colleghi ci siamo difesi finora molto bene”.

E parlando di spazio, non può mancare un ricordo del primo sbarco dell’uomo sulla Luna, a quarantacinque anni da quella memorabile notte tra il 20 e il 21 luglio del 1969, apice dell’epopea spaziale che ha caratterizzato la seconda metà del XX secolo. Anche la RAI quest’anno ha voluto dare risalto alla ricorrenza con una maratona televisiva di dodici ore, dalle 21.00 del 20 luglio alle 9 del 21 luglio su Rai Scuola. “Stregati dalla Luna” – questo il nome della trasmissione  – vedrà la partecipazione come ospite, tra gli altri, dello stesso presidente dell’INAF.

“Quello sbarco molti di voi forse non se lo ricordano, io invece sì” prosegue Bignami. “Ero in una casermetta sulle Alpi, sottotenente degli Alpini. Vedevo la televisione con l’antenna fatta con una piccozza… Una storia emozionante, che non si dimentica. Da quegli anni non ci siamo più andati sulla Luna, per tanti motivi: non c’è più la Guerra Fredda, non c’è più Von Braun, mancano quegli stimoli che spinsero gli Stati Uniti a un investimento folle e la NASA a prendere rischi altrettanto folli che oggi sarebbero inimmaginabili. Oggi non si potrebbe più rifare il programma Apollo. Gli USA tra qualche anno ritorneranno capaci di mettere in orbita astronauti. Che tipo di missioni andremo a fare nello spazio? Il ritorno alla Luna è possibile, ma se si concretizzerà, sarà solo episodico, perché tutto sommato lo abbiamo già fatto. Il bello adesso è cercare di andare al di là della Luna e la NASA sta studiando una missione affascinante che è quella di cattura, studio e magari sfruttamento di un asteroide piccolino, del calibro di 10-20 metri, che passasse abbastanza vicino alla Terra. Questo è un tipo di missione affascinante di per sé, potenzialmente interessante e anche un eccellente allenamento per quello per cui ci stiamo preparando davvero, quando tra venti o al massimo trenta anni riusciremo ad arrivare su Marte”.

E per riuscire in queste imprese, l’agenzia spaziale statunitense guarda con sempre maggiore attenzione al settore privato.

“Per il programma spaziale futuro, soprattutto quello umano, la NASA dà molto peso a finanziamenti privati” commenta Bignami. “Francamente non è ben chiaro cosa voglia dire. Si tratta di industriali che sanno fare razzi o capsule, i quali però non investono realisticamente soldi loro. Fanno da contractor per la NASA, come sempre ha fatto la Lockeed o la Boeing o molto altri. Qui l’idea però è di avere un qualcosa di molto più agile del grande apparato delle industrie di stato statunitensi, con anche la possibilità di investimenti e libertà di gestire eventuali ritorni economici, che però oggettivamente sono difficili da vedere in tempi brevi. Tuttavia questo schema di libera concorrenza in qualche modo sembra funzionare: i prezzi cioè cominciano a scendere. Il segreto è tutto lì. Deve scendere il costo di portare un chilo di carico utile in orbita o peggio al di là della Luna. Mi sembra che la NASA ci stia riuscendo senza oberare eccessivamente il bilancio pubblico. Per le nazioni come l’Italia, di calibro molto più piccolo nel settore spazio, c’è una grossa, grossa lezione da imparare: riuscire cioè a coinvolgere molto di più l’apparato produttivo che realizza con profitto dei risultati nell’attività spaziale”.