LA PETIZIONE ONLINE

Lasciamo al buio le montagne

Le alpi svizzere vengono illuminate per finalità turistiche ormai da anni. Le associazioni ambientalistiche, come Dark-Sky Switzerland, hanno lanciato un appello online per la "preservazione della notte nello spazio alpino" facendo approvare una normativa che non è ancora legge. Una delle ripercussioni più importanti è che le stelle sono sempre meno visibili

     06/05/2014
Nella foto l'Aiguille de la Tsa, una montagna delle Alpi del Weisshorn e del Cervino nelle Alpi Pennine. In questa immagine si vede la vetta di notte illuminata a giorno. Crediti: KEYSTONE/Jean-Christophe Bott

Prove illuminazione delle cime vallesane previste per il 2015. Nella foto l’Aiguille de la Tsa, una montagna delle Alpi del Weisshorn e del Cervino nelle Alpi Pennine. In questa immagine si vede la vetta illuminata come se fosse giorno, ma la foto è stata scattata di notte. Crediti: KEYSTONE/Jean-Christophe Bott

Si contano sulle dita di due mani ormai i luoghi del nostro pianeta che rimangono al buio di notte. Incontaminati dal tran tran quotidiano, piccoli angoli della Terra ancora in contatto con Madre Natura. Cielo e terra sono un tutt’uno, di giorno e, soprattutto, di notte. Non una luce, né un faro di una macchina, né un lampione. Solo la natura, il silenzio e il cielo stellato. Tutto il contrario di quello che accade nelle nostre città, illuminate in qualsiasi ora del giorno e della notte. Ricordate l’ultima volta che avete visto la Via Lattea? O l’ultima volta che avete visto una montagna illuminata dalla luce della Luna? Da quasi 15 anni, si sta diffondendo la strana moda di illuminare le nostre montagne, in passato solo con grandi croci cariche di lampadine e oggi anche con dei potenti fari e impianti che possono arrivare anche a 20 lux (per intenderci, l’illuminazione stradale arriva a 5 lux).

Per combattere questa pratica legata soprattutto a uno scopo turistico, pochi giorni fa Dark-Sky Switzerland ha lanciato una petizione online per la tutela dello spazio alpino. Si tratta di un’organizzazione non-profit, si legge sul loro sito, “impegnata a sensibilizzare semplici cittadini e autorità al corretto utilizzo della luce artificiale, in armonia con l’uomo e la natura, a favore della conservazione della biodiversità, dell’ambiente naturale e dell’utilizzo mirato delle risorse”.

Illuminazione del rifugio Terri nel 2010. Crediti: EMMI & S&F

Illuminazione del rifugio Terri nel 2010. Crediti: EMMI & S&F

Quello che “mettono in luce” i responsabili della campagna (il cui obiettivo è 3000 mila firme ma si punta a 10000) è che “il continuo aumento delle illuminazioni nelle Alpi – si legge nel comunicato stampa inviato ai media – sempre più spesso, a scopo turistico e scenografico”, causa l’aggravarsi del cosiddetto inquinamento luminoso: tramite le radiazioni elettromagnetiche di luce, intere zone naturali sono sottoposte a ripercussioni che non possono essere ignorate: solo per citarne alcune problemi per la fauna, soprattutto volatili, e insetti (che vengono disorientati), problemi collaterali alla visibilità, per non parlare di inconvenienti pratici per l’astronomia perché le stelle sono sempre meno visibili. Quest’ultima è una delle ripercussioni più importanti: “la luce dispersa dagli impianti di illuminazione – spiegano nella nota – schiarisce il fondo cielo rendendo invisibili gli oggetti più deboli e la quasi totalità delle stelle, precludendo così qualsiasi osservazione di carattere astronomico.L’alone luminoso delle città provoca effetti visibili a chilometri di distanza. Per non parlare poi dei disagi causati agli astrofili, costretti a lunghi tragitti per trovare un po’ di cielo buio.

Stefano Klett, che ha lanciato la petizione, ha detto a Media INAF che “la pratica di illuminarle a scopo artistico risale circa agli anni 2000, ma già nel 1997 il Tribunale federale aveva posto delle limitazioni  (sentenza DTF 123 II 256) per l’illuminazione del Pilatus, imponendo restrizioni ben precise e specificando che si trattava di una concessione eccezionale. Nel caso specifico del Vallese di fatto si tratta di un’illuminazione pirotecnica che dura pochi minuti. Poi esistono le illuminazioni delle piste da sci che sono parecchio in voga in tutto lo spazio Alpino”. Critico ha aggiunto: “Il problema è educativo, significa il sopravvento umano in zone naturali e  protette”.

Dalle foto e dalle misure effettuate, si evince che “i centri cittadini e le località adiacenti risultano aver perso completamente l’oscurità. Anche nelle zone più buie si può scorgere il bagliore cittadino, anche se a chilometri di distanza; in Svizzera risulta impossibile trovare un luogo scuro al naturale. Le misure mostrano che Biasca è 2,4 volte più luminosa del Lucomagno, Bellinzona 7 volte, Mendrisio 10 volte, Chiasso 15 volte e Lugano 24 volte”.

Con questa petizione, che finora è viaggiata quasi unicamente attraverso web e i social, i promotori chiedono al governo federale svizzero, nella persona di Doris Leuthard (a capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni) di applicare per legge la norma 491 Sia (Società svizzera degli architetti ed ingegneri), che prevede un utilizzo sostenibile della luce evitando le emissioni inutili e senza sacrificare quelle utili. Questa legge, ha detto Klett, “prevede la diminuzione delle emissioni luminose inutili su tutto il territorio tramite tecniche illuminotecniche specifiche (orientamento delle luci e riduzione dei flussi), che nella pianificazione del territorio si prevedano delle misure specifiche per la riduzione delle emissioni e per le zone protette non sia più tollerata l’alterazione della notte”.