UNO STUDIO SULLA NEBULOSA ROSETTA

Così nascono i pianeti solitari

Alcune piccole nubi di gas nella nostra galassia hanno tutte le caratteristiche giuste per formare pianeti anche in assenza di una stella madre. Le osservazioni effettuate con diversi telescopi mostrano che queste nubi potrebbero spiegare i pianeti che fluttuano liberamente nello spazio, che si credevano espulsi da sistemi planetari esistenti. Lo studio su Astronomy & Astrophysics.

     21/08/2013
Gli astronomi hanno scoperto che delle nuvole scure chiamate globulettes hanno le caratteristiche giuste per formare pianeti senza stella madre. L’immagine mostra alcune di queste piccole nubi presente nella Nebulosa Rosetta. Nel riquadro: un'immagine scattata con luce infrarossa mostra alcune delle globulettes contrassegnate con anelli. Credit: Canada-France-Hawaii Telescope / 2003 e ESO / M. Mäkelä.

Gli astronomi hanno scoperto che delle nuvole scure chiamate globulettes hanno le caratteristiche giuste per formare pianeti senza stella madre. L’immagine mostra alcune di queste piccole nubi presente nella Nebulosa Rosetta. Nel riquadro: un’immagine scattata con luce infrarossa mostra alcune delle globulettes contrassegnate con anelli. Credit: Canada-France-Hawaii Telescope / 2003 e ESO / M. Mäkelä.

Un team di astronomi ha fornito una spiegazione per la formazione dei pianeti senza una stella madre, presenti nella Via Lattea. Precedenti ricerche avevano dimostrato che potrebbero esserci fino a 200 miliardi di pianeti che fluttuano liberamente nella nostra galassia, la Via Lattea. Per lo più gli scienziati credono che tali pianeti, che non orbitano attorno a una stella, siano stati espulsi da sistemi planetari esistenti. Ma nuove osservazioni di piccole nubi scure presenti nella galassia fanno pensare a un’altra possibilità: che alcuni pianeti che fluttuano liberamente si siano formati da soli.

Un team di astronomi provenienti da Svezia e Finlandia ha usato diversi telescopi per osservare la Nebulosa Rosetta, una enorme nuvola di gas e polvere a 4.600 anni luce dalla Terra, visibile nella costellazione dell’Unicorno.

Le osservazioni sono state effettuate con il radiotelescopio di Onsala dello Space Observatory in Svezia, con il telescopio APEX ad onde submillimetriche in Cile, e con quello a luce infrarossa New Technology Telescope (NTT) dell’ESO di La Silla in Cile.

La Nebulosa Rosetta ospita più di un centinaio di queste piccole nubi, noi le chiamiamo globulettes”, dice Gösta Gahm, astronomo all’Università di Stoccolma, che ha guidato il progetto. “Sono molto piccole, ciascuna con diametro inferiore a 50 volte la distanza tra il Sole e Nettuno. Precedentemente eravamo stati in grado di stimare che la maggior parte sono di massa planetaria, meno di 13 volte la massa di Giove. Ora abbiamo misure molto più affidabili di massa e densità per un gran numero di questi oggetti, e abbiamo anche misurato con precisione la velocità con cui si muovono rispetto al loro ambiente”.

“Abbiamo scoperto che le “globulettes” sono molto dense e compatte, e molte di loro hanno nuclei molto densi, che possono collassare sotto il proprio peso. La più imponente è in grado di formare una nana bruna “, dice il membro del team  Carina Persson, astronomo presso Chalmers University of Technology.

Le nane brune, sorta di “stelle fallite”, sono corpi la cui massa è compresa tra quella dei pianeti e delle stelle. Lo studio dimostra che le piccole nubi si muovono verso l’esterno attraverso la Nebulosa Rosetta a velocità elevata, circa 80 000 chilometri all’ora.

“Pensiamo che queste piccole nuvole rotonde si siano formate da polverose colonne di gas che sono state scolpite dalla intensa radiazione di stelle giovani. Sono state spinte fuori dal centro della nebulosa grazie alla pressione delle radiazioni delle stelle calde nel suo centro “, spiega Minja Mäkelä, astronomo presso l’Università di Helsinki.

“Se queste piccole nuvole rotonde formano pianeti e nane brune, questi vengono probabilmente sparati come proiettili nelle profondità della Via Lattea. Ce sono così tante che potrebbero essere una fonte significativa dei pianeti liberamente fluttuanti che sono stati scoperti negli ultimi anni,” dice Gösta Gahm.

Lo studio è pubblicato su Astronomy & Astrophysics