QUEL CHE RESTA DI UNA GIGANTE ROSSA

Una insolita stella pulsante

Un team internazionale di ricercatori ha studiato le proprietà di una stella sopravvissuta a una collisione con la compagna in un sistema binario, scoprendo che la sua luminosità varia in un modo mai riscontrato finora in questo raro tipo di oggetti celesti. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Nature.

     27/06/2013
Visione artistica del sistema binario a eclisse J0247-25. Crediti: Keele University

Visione artistica del sistema binario a eclisse J0247-25. Crediti: Keele University

Così sarà la fine, tra circa cinque miliardi di anni, anche del nostro Sole, quanto esaurirà l’idorgeno, il combustibile principale che alimenta le reazioni di fusione nucleare al suo interno. Un destino condiviso da tutte le stelle di massa simile che, alla fine del loro ciclo evolutivo si espandono e raffreddano, divenendo delle giganti rosse. Quando però queste stelle si trovano all’interno di un sistema binario, è assai frequente che entrino in collisione con la loro compagna. In questo scontro la gigante rossa può perdere fino al 90 per cento della sua massa, anche se non tutti i processi che intervengono in questa drammatica fase sono ancora ben chiari per gli astrofisici. In particolare rimangono aperti alcuni interrogativi su cosa rimanga degli oggetti celesti alla fine di queste profonde interazioni e quali siano le loro proprietà. Un grosso aiuto per risolvere questi dubbi arriva da un sistema binario ad eclisse, già sotto osservazione per cercare attorno ad esso la presenza di pianeti extrasolari.  J0247-25, questa la sua sigla abbreviata, è composto oltre che da una stella di tipo comune anche da ciò che resta di una gigante rossa che ha perso i suoi strati esterni, ovvero una nana bianca di piccola massa.

A studiare in dettaglio questo peculiare sistema è stato un team internazionale di ricercatori guidato da Pierre Maxted, della Keele University nel Regno Unito sfruttando lo strumento ULTRACAM installato al telescopio NTT dell’ESO in Cile. Le accurate riprese hanno permesso di studiare in modo molto dettagliato le variazioni di luminosità del sistema e di scoprire così che questo resto stellare pulsa in un modo del tutto peculiare rispetto alle altre stelle conosciute. Il team ha anche realizzato delle simulazioni al calcolatore per ricostruire la propagazione delle pulsazioni sotto forma di onde sonore, che risultano interessare le zone più profonde del resto stellare. I risultati di questo lavoro sono stati pubblicati nell’ultimo numero della rivista Nature.

“Con le nostre osservazioni siamo riusciti a raccogliere molte informazioni su questo tipo di stelle, come ad esempio la loro massa, grazie al fatto che si trovano in un sistema binario. Questo ci permetterà di interpretare la natura dei segnali associati alle pulsazioni e così comprendere sia come questi oggetti sono sopravvissuti alla collisione ma anche come evolveranno nei prossimi miliardi di anni” commenta Maxted.