VERSO I RADIOTELESCOPI DEL FUTURO

Sussurri di idrogeno

Una ricerca australiana dimostra una nuova tecnica per studiare l'emissione di idrogeno dalla galassie più deboli e distanti, sommando molte emissioni debolissime per ottenere un segnale molto più forte. E ricostruire come è cambiata nel tempo la concentrazione di idrogeno nelle galassie. La tecnica potrà servire anche per il radiotelescopio SKA.

     13/06/2013
L'autrice dello studio, Jacinta Delhaize, accanto all'antenna del Parkes Radiotelescope

L’autrice dello studio, Jacinta Delhaize, accanto all’antenna del Parkes Radiotelescope

È l’idrogeno la chiave della vita delle galassie: è l’elemento da cui si formano le stelle, il carburante che le tiene accese, e misurare come cambia il contenuto di idrogeno in una galassia nel corso del tempo è la chiave per comprenderne l’evoluzione. Quando si parla delle galassie più antiche e distanti, lo strumento d’elezione per studiare l’idrogeno è la radioastronomia, ed è proprio sulla “linea dell’idrogeno” (la caratteristica sezione dello spettro elettromagnetico dove si manifesta questo elemento) che si concentrerà lo Square Kilometer Array, il più grande radiotelescopio mai costruito, attualmente in preparazione tra l’Australia e il Sudafrica.

Ora un gruppo di ricercatori dell’International Centre for Radio Astronomy Research di Perth, in Australia, ha dimostrato una nuova tecnica di analisi che permette di “sommare” l’emissione di idrogeno da molte galassie, in modo da estendere questo tipo di studio anche a galassie molto lontane e molto deboli, tecnica che permetterà di trarre il massimo dallo Square Kilometer Array.

In uno studio appena pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, Jacinta Delhaize, ricercatrice dell’ICRAR, ha studiato un gran numero di galassie distanti. Per molte di esse, il debole segnale radio emesso dal gas di idrogeno è quasi impossibile da rilevare direttamente. Per raccogliere abbastanza dati per uno studio, Delhaize ha quindi combinato i deboli segnali di migliaia di singole galassie, impilandoli uno sull’altro in modo da ottenere, con procedimenti statistici, un segnale molto più forte (che rappresenta una media di quelli più deboli) e quindi più facile da studiare. “E’ un po’ come cercare di sentire un sussurro in una stanza piena di gente che urla” spiega la ricercatrice. “Se si mettono assieme migliaia di sussurri, si ottiene un urlo che si può sentire anche in una stanza rumorosa. Lo stesso abbiamo fatto noi combinando l’emissione radio di migliaia di galassie, per distinguerla dal rumore di fondo”.

I ricercatori hanno usato il radiotelescopio Parkes, nell’Australia sud orientale, per circa 87 ore, raccogliendo segnali lungo tutto il cielo e provenienti da distanze fino a due miliardi di anni luce. In questo modo, spiega Delhaize, hanno potuto calcolare in modo affidabile la quantità di idrogeno presente nella galassie in funzione della loro distanza dalla Terra, e quindi della loro età. L’informazione potrà poi servire a costruire modelli e simulazioni al computer dell’evoluzione dell’Universo e delle strutture galattiche.