ANALISI POST-MORTEM DEI GAS

La Supernova di Keplero ai raggi X

I ricercatori hanno utilizzato lo spettrometro grafico a raggi X del satellite giapponese Suzaku per raccogliere nuovi dati sui resti della Supernova di Keplero. Sono stati analizzati, infatti, la composizione chimica degli elementi e la struttura dei resti, ricostruendo e risalendo alla struttura originaria.

     09/04/2013
Credit: X-ray: NASA/CXC/NCSU/M.Burkey et al.; optical: DSS

Credit: X-ray: NASA/CXC/NCSU/M.Burkey et al.; optical: DSS

L’esplosione della Supernova di Keplero, osservata più di quattro secoli fa, è stato l’ultimo evento di quel tipo nella nostra Galassia. Da allora gli astronomi studiano i resti di questa supernova, analizzandone la composizione chimica, la struttura e l’ambiente creatosi dopo l’esplosione.

Utilizzando lo spettrometro grafico a raggi X del satellite giapponese Suzaku i ricercatori hanno osservato i resti della Supernova Keplero tra il 2009 e il 2011: lo spettro a raggi X ha rivelato che l’esplosione ha provocato l’emissione di una grande quantità di elementi pesanti come cromo, manganese e nichel. I nuovi dati raccolti aiuteranno gli astronomi nello studio delle supernovae di tipo Ia.

I ricercatori hanno effettuato dei veri e propri test post-mortem sui gas emessi dall’esplosione, analizzando la composizione chimica e risalendo, così, allo stadio originario della stella.

Le supernovae di tipo Ia sono chiamate “candele standard”, cioè oggetti di cui si conosce con certezza la luminosità, e di cui quindi è possibile ricostruire la distanza. I resti della Supernova di Keplero si trovano a circa 23mila anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione dell’Ofiuco, in una zona centrale della nostra Galassia.

Gli ultimi studi hanno accertato che l’esplosione della supernova è stata innescata in un sistema stellare binario in cui un astro era una nana bianca e l’altro una gigante rossa. I dati provano che la nana bianca possedeva quattro volte più metalli pesanti rispetto al Sole. I dati del satellite Suzaku non indicano di preciso quale sistema binario ha innescato l’esplosione, avvenuta non prima dell’anno 18 000 a.C, in base alla distanza attribuitale. I ricercatori hanno, però, potuto ipotizzare che la nana bianca non poteva essere più vecchia di un miliardo di anni quando è esplosa.

Lo studio verrà pubblicato domani, mercoledì 10 aprile, su The Astrophysical Letters.

httpvh://youtu.be/kymIdu_k0L4

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