UNA SORPRESA TRA LE FASCE DI VAN ALLEN

Il mistero del terzo anello

I dati della missione Radiation Belt Storm Probes della NASA mostrano un fenomeno del tutto inaspettato: a settembre, una terza fascia di Van Allen si è aggiunta per qualche settimana alle prime due, per poi scomparire alla fine del mese. Il commento di Ilaria Ermolli (INAF).

     28/02/2013
Rappresentazione artistica di una delle sonde RBSP (JHU/APL)

Rappresentazione artistica di una delle sonde RBSP (JHU/APL)

Che diavolo era, quel terzo anello comparso per qualche settimana tra le fasce di Van Allen, che nessuno si aspettava e che invece gli strumenti della missione NASA RBSP hanno rivelato?

Se lo chiedono su Science di questa settimana Dan Baker dell’Università del Colorado e i suoi colleghi. Tutti membri del team che ha sviluppato gli strumenti Relativistic Electron-Proton Telescope (REPT) a bordo delle due sonde gemelle della missione Radiation Belt Storm Probes, lanciate la scorsa estate per studiare le fasce di Van Allen. Scoperte nel 1958 grazie ad alcune delle prime sonde NASA (Pioneer  ed  Explorer), la fasce si presentano come due “ciambelle” distinte, fatte di elettroni ad alta energia, che circondano il pianeta Terra.

 

“Le fasce di Van Allen proteggono dalle radiazioni lo spazio esterno della Terra” spiega Ilaria Ermolli dell’Osservatorio Astronomico di Roma dell’INAF. “Fasce di radiazione simili alle fasce di Van Allen sono osservate attorno ad altri pianeti del sistema solare, sostenute dai rispettivi campi magnetici planetari. Si ritiene che le due fasce siano generate da processi diversi. La fascia più interna, costituita principalmente da protoni energetici, è il prodotto del decadimento di neutroni che derivano da collisioni di raggi cosmici nell’alta atmosfera. La fascia più esterna è invece formata principalmente da elettroni iniettati nella regione da tempeste geomagnetiche”.

Ma quando i ricercatori americani hanno acceso gli strumenti delle loro sonde, le prima destinate a studiare quelle strutture da vicino, non hanno letteralmente creduto ai loro occhi. Se all’inizio le fasce erano due, come si è sempre saputo, ai primi di settembre ne è apparsa una terza: l’anello esterno è sembrato comprimersi verso il basso, mentre un anello di elettroni aggiuntivo, meno compatto, si formava al di sopra di esso, più lontano dalla superficie terrestre. L’anello  “magazzino” intermedio è rimasto intatto nelle settimane successive, mentre quello più lontano ha iniziato presto a dissolversi. Durante la terza settimana di settembre, una potente onda d’urto interplanetaria, proveniente dal Sole, ha spazzato via tanto l’anello intermedio quanto quello più esterno. Dopodiché, gradualmente, si è riformata l’abituale struttura a due anelli.

“Lo spazio tra le due fasce, chiamato zona di sicurezza, non è popolato di particelle” spiega ancora Ermolli. “Esplosioni solari dovute all’evoluzione del campo magnetico nell’atmosfera della stella e processi legati alla propagazione del vento solare possono tuttavia iniettare particelle in questa regione. Le misure effettuate dalle sonde RBSP mostrano la creazione di una terza fascia di radiazione tra quella esterna e interna, popolata di elettroni relativistici, che persistono nella nuova regione per alcune settimane, con un decadimento progressivo. L’evoluzione delle caratteristiche del plasma nella nuova fascia di radiazione osservata dalle sonde è risultata dipendere dall’evoluzione delle proprietà delle particelle nella fascia di radiazione più esterna a seguito di cambiamenti nella velocità del vento solare, nel campo magnetico interplanetario e nell’attività geomagnetica. Le misure effettuate dalle sonde RBSP hanno mostrato una struttura delle fasce di radiazione che circondano la Terra inattesa, che non può ancora essere spiegata con le teorie attuali”.

E in effetti, “Non abbiamo idea di quanto spesso possa accadere questo fenomeno” ammette Dan Baker. “Forse è molto frequente ma non abbiamo mai avuto gli strumenti per osservarlo”.

Ci è voluta pure una certa fortuna per osservarlo: lo strumento REPT doveva in teoria essere acceso un mese dopo il lancio, quando sarebbe stato troppo tardi per osservare la terza fascia. Ma Baker e i suoi colleghi si erano battuti con i responsabili della missione per accenderlo prima degli altri strumenti, in modo da sfruttare al meglio le sinergie con un altro strumento a bordo delle sonde (si chiama SAMPEX) che raccoglie dati simili.

“Ora possiamo offrire queste osservazioni ai teorici che provano a costruire modelli di quello che succede nelle fasce di Van Allen” dice Shri Kanekal, deputy mission scientist della missione al Goddard Space Flight Center della NASA. “Perché la terza fascia è durata per quattro settimane? Perché la struttura cambia? Tutte informazioni che ci insegneranno qualcosa di più su quanto accade nell spazio attorno a noi”.

Conclude Ilaria Ermolli: “La comprensione dei fenomeni che hanno luogo nelle fasce di radiazione della Terra ha  importanti ricadute pratiche ed economiche negli ambiti dell’operatività e progettazione dei satelliti artificiali e della programmazione delle missioni spaziali umane e robotiche, anche ai fini della sicurezza degli astronuati e del funzionamento della strumentazione a bordo dei satelliti. Con il programma ESA SSA (Space Situational Awarness) e vari progetti finanziati dalla Commissione Europea  -ai quali partecipano attivamente anche vari ricercatori INAF-  dedicati allo studio e al monitoraggio della meteorologia e del clima spaziali, anche l’Europa sta acquisendo la capacità di studiare e monitorare i fenomeni che potrebbero danneggiare i satelliti lanciati in orbita o le infrastrutture a terra, a causa degli effetti della variabilità del Sole  nell’eliosfera e nello spazio circumterrestre.

 

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