NUOVE SORPRESE DALLA MISSIONE DAWN

Quanto idrogeno su Vesta

Due articoli su Science, uno dei quali firmato anche da ricercatori INAF, parlano di una forte presenza di composti volatili sull’asteroide Vesta, maggiore di quanto ci si aspettasse. Probabilmente provengono dall’impatto con altri corpi, come le condriti carbonacee che colpiscono anche la Terra.

     20/09/2012

Vista d'insieme e ingrandimento del cratere Marcia di Vesta, che mostra la caratteristica superficie "butterata" (NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA/JHUAPL)

Decisamente un asteroide ben scelto. Vesta, il primo obbiettivo raggiunto dalla sonda della NASA Dawn (che proprio poche settimane fa si è rimessa in viaggio alla volta di Ceres, sua prossima destinazione) si conferma una fonte di informazioni e sorprese per gli astronomi che studiano la formazione del Sistema solare. Due articoli su Science di questa settimana, basati proprio sui dati di Dawn che ora diversi gruppi di ricerca stanno analizzando, raccontano di una caratteristica di questo asteroide che ha in parte sorpreso gli esperti: una ricca presenza di composti volatili, in particolare quelli contenenti idrogeno. “E’ sorprendente perché Vesta è un asteroide basaltico, su cui le temperature sono molto elevate” commenta Maria Cristina de Sanctis dell’INAF-IAPS (Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali) di Roma, coautrice di uno dei due studi, quello basato sullo spettrometro VIR. “Né il tipo di asteroide né la zona in cui orbita facevano pensare che fosse ricco di composti volatili).

Ma da cosa si deduce questa presenza, attuale o passata, di idrogeno (soprattutto di gruppi OH, dove l’atomo di idrogeno è legato a uno di ossigeno) su Vesta? Nel caso dello studio guidato da Brett Denevi della Johns Hopkins University, di cui ricercatori INAF sono coautori, le prove vengono dalla caratteristica superficie “butterata” (pitted è il termine inglese) individuata attorno a due crateri di Vesta: molte piccole depressioni che circondano un cratere da impatto. “Strutture di questo tipo finora si erano viste solo su Marte” spiega De Sanctis “e in quel caso il modello più convincente per spiegarle è proprio legato a una rilevante presenza di composti volatili. Il calore causato dall’impatto di un meteorite li devolatilizza, portando il terreno a collassare tutto attorno formando queste piccole depressioni”. In pratica perché vengono improvvisamente a mancare quei composti dell’idrogeno che prima erano intrappolati nel terreno in forma di ghiaccio o di gas. Se questo avviene anche su Vesta, allora anche quel corpo deve avere, o avere avuto in passato, una presenza di composti volatili che qui non ci si aspettava. La cosiddetta snow line, che separa la zona del sistema solare dove il calore del sole è troppo alto per consentire il deposito di composti volatili da quella dove i corpi sono ricchi di questi composti, passa più o meno nella fascia degli asteroidi di cui fa parte Vesta. Ma certo questo asteroide non ha nulla in comune con corpi come le condriti carbonacee, i meteoriti che più frequentemente colpiscono la Terra e che contengono acqua.

La spiegazione più logica è proprio che siano stati gli impatti con quelle condriti carbonacee, provenienti da zone più lontane del sistema solare, a portare su Vesta i composti volatili. Una spiegazione suffragata anche dall’altro studio pubblicato su Science, guidato da Thomas Prettyman del Planetary Science Institute e basato su un altro strumento della sonda DAwn, il Gamma Ray and Neutron Detector (GRaND). In questo caso, i ricercatori hanno trovato tracce di idrogeno nella regolite di Vesta (lo strato di materiale roccia che ricopre la sua superficie). Più idrogeno nella regioni equatoriali, più tranquille e preservate, e concentrazioni minori dalle parti del gigantesco cratere vicino al polo sud dell’asteroide. Anche qui, l‘idea è che l’idrogeno sia arrivato con le condriti, ma che in alcune zone grandi impatti più recenti di altri meteoriti l’abbia sepolto più in profondità.

Resta una domanda: questo intenso bombardamento di condriti carbonacee con il loro carico d’acqua appartiene al passato di Vesta o è ancora in corso? “Questo è un punto cruciale, su cui il gruppo della missione Dawn è un po’ diviso” spiega De Sanctis. “L’interpretazione che il mio gruppo e io privilegiamo è che la gran parte di quegli impatti sia avvenuto agli albori della vita dell’asteroide, e che ora vada scemando. Se confermata, questa interpretazione potrebbe darci indicazioni più precise su quando, nella storia del sistema solare, è avvenuta la ‘consegna’ dell’acqua ai pianeti da parte di corpi come le condriti”.