UN «JUKE-BOX» CON 2000 DISCHI D’ALLUMINIO

Tutti gli spettri del BOSS

Sono stati resi pubblici i dati della Baryon Oscillation Spectroscopic Survey (BOSS). Con 535.995 galassie, 102.100 quasar e 116.474 stelle catalogate, è la più grande raccolta mai rilasciata nell’ambito della SDSS-III. Sarà fondamentale per ricostruire la storia del cosmo.

     08/08/2012

In alto, con dettagli, uno dei dischi d'alluminio utilizzati per BOSS. In basso, il disco montato al telescopio con relativo fascio di fibre ottiche. Crediti: Lawrence Berkeley National Laboratory and Sloan Digital Sky Survey III

Aspiranti nobel ed emuli di Galileo, per voi non ci sono più scuse. Se il vostro sogno è scoprire come s’è formato l’universo, le informazioni per riuscirci potrebbero essere già lì, sul web. Astronomi o astrofili, insegnanti o semplici appassionati, non ha importanza: l’accesso è libero, consentito a chiunque e senza costi aggiuntivi. Per chi già non sta più nella pelle, l’indirizzo al quale precipitarsi è www.sdss3.org/dr9: oltre ai dati, il sito mette a disposizione le istruzioni e gli strumenti basilari per cominciare da subito a mettersi al lavoro.

Detto questo, riuscire poi a estrarne qualcosa di degno di nota è tutt’altro che una passeggiata. Ciò che la nona release (DR9) della Sloan Digital Sky Survey (SDSS) fotografa è niente meno che la distribuzione nello spazio-tempo di centinaia di migliaia di sorgenti: per l’esattezza, 535.995 galassie, 102.100 quasar e 116.474 stelle, più un numero non meglio precisato di altri oggetti secondari. Per ognuna di esse, una bella scheda “anagrafica” ottenuta da misure spettrometriche. Non solo la posizione, dunque, ma anche la velocità di allontanamento rispetto a noi (il famoso redshift, o z in gergo astronomico) – parametro intrinsecamente correlato all’età della sorgente – e la composizione chimica, nonché in alcuni casi la densità del gas e di altra materia che si frappone fra la sorgente stessa e noi.

Insomma, una quantità di numeri da capogiro. «E non è che il primo dei tre insiemi di dati che ci attendiamo da BOSS», annuncia il responsabile della Baryon Oscillation Spectroscopic Survey, David Schlegel, astrofisico presso il Lawrence Berkeley National Laboratory del Department of Energy americano. «Una volta che l’intera survey sarà completata, avremo indagato una porzione di cielo ancora maggiore e a una profondità doppia rispetto a quanto fatto finora. Il che significa un volume di universo cinque volte più grande di quello studiato a oggi dalla SDSS – un volume superiore a quello osservato da tutte le altre survey spettroscopiche messe insieme».

La storia dell’universo in una tabella delle distanze

Ma a che serve, questo censimento monstre? Scopo di BOSS è l’analisi delle oscillazioni barioniche acustiche dell’universo primordiale. Semplificando parecchio (per una spiegazione più approfondita, vedi l’articolo di Matteo Viel pubblicato qualche mese fa su Media INAF), si tratta delle increspature presenti nel denso brodo quantistico immediatamente successivo al Big Bang, le stesse osservate nel fondo cosmico a microonde da telescopi spaziali come WMAP e Planck. Col trascorrere del tempo, questi addensamenti hanno dato origine alle strutture a grande scala dell’universo, come gli ammassi galattici e le macroregioni ad alta concentrazione di gas o materia oscura.

E proprio nella distribuzione di queste strutture c’è la chiave per comprendere cos’è accaduto nei primissimi istanti di vita del cosmo. Misurando la distanza fra l’una e l’altra sembra infatti che alcuni valori, quelli attorno al mezzo miliardo di anni luce, si riscontrino con maggiore frequenza di altri. Come se, in una tabella dei percorsi chilometrici fra città e città, la distanza di 500 km ricorresse più di frequente rispetto a tutte le altre. Un indizio chiave grazie al quale astrofisici e cosmologi sono in grado di valutare modelli alternativi sulla composizione, sul passato e sul futuro dell’universo.

In questo senso, BOSS può essere visto come un metro progettato per andare a misurare le distanze relative fra galassie e ammassi di galassie. Un “righello” di dimensioni addirittura «sconvenienti», come lo ha definito Schlegel, «talmente grande che solo per contenerlo occorre una porzione di universo abnorme». Ma la survey di BOSS, oltre che grande, è anche strumento fra i più precisi mai messi a punto per ricostruire la storia dell’espansione dell’universo, per sondare la natura della gravità e di quell’energia oscura energia che, all’espansione dell’universo, sta imprimendo un’accelerazione».

Dischi usa e getta da collezione

E se lo scopo di BOSS è a dir poco ambizioso, il mezzo di cui si è dotato per raggiungerlo è al tempo stesso geniale e bello. Nel senso che è proprio bello da guardare. Si tratta infatti di una collezione di 2000 dischi d’alluminio elegantemente traforati. Circa mille fori per ogni disco, ciascuno praticato esattamente in corrispondenza di una sorgente (con un’apertura di due arcosecondi), così da lasciare passare la sua luce e nient’altro. Luce poi raccolta da fibre ottiche (o meglio infrarosse, perché questa è la banda d’elezione di BOSS), una per ciascun foro, posizionate e rimosse a mano ogni volta che i dischi si avvicendano nel piano focale dello Sloan Foundation Telescope, un 2.5 metri situato presso l’Apache Point Observatory, in New Mexico. Un lavoraccio, se si tiene conto che in una notte di cielo sereno possono essere utilizzati fino a 9 dischi. Dischi usa e getta, fra l’altro: terminata l’osservazione, hanno esaurito il loro compito. Quanto meno quello scientifico, perché se dopo aver reso pubblici i dati il team di BOSS decidesse mai di mettere all’asta anche i dischi – ciascuno con un diametro di 81 cm, spessi 3.2 mm e pesanti 4.3 kg – le offerte certo non si farebbero attendere.

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