LO STUDIO DELLE DIOGENITI

Il sistema solare alle prime armi

Ricercatori americani spiegano perché nel mantello dei pianeti terrestri alcuni elementi siano più abbondanti di quanto vorrebbe la teoria. Vengono probabilmente dalle diogeniti, meteoriti provenienti da corpi come Vesta, che portano i segni dei primordi del sistema solare.

     23/07/2012

Vesta ripreso dalla sonda Dawn (NASA)

Un particolare tipo di meteoriti, chiamati diogeniti, potrebbe svelarci alcuni dettagli su quanto avveniva nel Sistema solare primordiale: “Questa nuova comprensione delle diogeniti – ha dichiarato Dug Rumble del Carnegie Institution – ci potrebbe dare un quadro più preciso dei primi giorni di vita del Sistema Solare e della Terra, oltre che della nascita del nostro globo”.

Il team di ricerca guidato da Rumble, che ha pubblicato i suoi risultati sull’ultimo numero di Nature Geoscience, ha preso ad esame alcuni campioni di questi meteoriti, precisamente sette provenienti dall’Antartide e due che erano caduti nel deserto africano. Ma perché le diogeniti sono così importanti?

Cominciando a ritroso, sappiamo che i pianeti terrestri si sono aggregati dal materiale circostante del Sistema Solare, formando un nucleo metallico, un mantello privo di silicio e una crosta. Questo processo ha comportato una grande quantità di calore la cui fonte proviene dal decadimento di radioisotopi (isotopi radioattivi) di breve durata, che si verifica quando i metalli densi sono separati fisicamente dai silicati più leggeri e dall’impatto con oggetti di grandi dimensioni. Dagli studi risulta che i mantelli della Terra e della Luna potrebbero essersi formati più di 4,4 miliardi di anni fa e quello di Marte più di 4,5 miliardi di anni fa.

Come la teoria insegna, quando un pianeta o un corpo di grandi dimensioni si differenzia abbastanza al suo interno per formare un nucleo, alcuni elementi come l’osmio, l’iridio, il rutenio, il platino, il palladio e il renio – conosciuti come elementi altamente siderofili – vengono segregati nel nucleo. Ma le ricerche dimostrano che i mantelli della Terra, della Luna e di Marte contengono una quantità maggiore di questi elementi di quanto dovrebbero. Gli scienziati hanno varie teorie sul perché e il team di ricerca – che include l’autore capo James Day del Scripps Institution of Oceanography e Richard Walker della University of Maryland – ha iniziato a studiare i diogeniti come possibile sorgente.

Gli studiosi hanno potuto determinare che i campioni in questione vengono da almeno due corpi diversi. Potrebbero essere l’asteroide Vesta e da un altro corpo simile, comunque abbastanza grande per aver subito un grado di differenziazione simile alla Terra, formando così una sorta di modello in scala di un pianeta terrestre.

Lo studio ha stabilito che gli elementi altamente siderofili di questi meteoriti erano già presenti durante la formazione delle rocce, e questo poteva avvenire solo in caso di un’aggiunta o “accrescimento” seguita alla formazione del nucleo, In seguito, questi meteoriti sono caduti sullo strato più esterno della Terra, di Marte e della Luna, giustificando l’elevata quantità di quegli elemementi nel mantello.

La fase dell’accrescimento sarebbe avvenuta ben prima di quanto si fosse pensato in precedenza e molto prima del verificarsi di processi simili su Marte, Luna e Terra.

Sorprendentemente, questi risultati dimostrano che su corpi come Vesta l’intero ciclo di accrescimento, la formazione di base, la differenziazione primaria e l’accrescimento tardivo dopo la formazione del nucleo sono avvenuti in poco più di 2 o 3 milioni di anni. Nel caso della Terra, di quel periodo non restano tracce perché seguì la formazione della crosta, lo sviluppo di un’atmosfera e la tettonica a placche. Lo studio dei dati raccolti su Vesta dalla sonda Dawn potrebbe aiutare tra l’altro a comprendere meglio questi processi.