SOLO I PIU’ GRANDI, QUELLI GLOBULARI

Ammassi sopravvissuti

Gli ammassi globulari, i più grandi gruppi di stelle che possono contare fino a un milione di astri, sarebbero gli unici superstiti tra tutti quelli formatisi all'alba dell'universo. Questi i risultati di una simulazione al calcolatore condotta da un team di ricercatori tedeschi e olandesi.

     14/02/2012

L'ammasso globulare denominato M92

Attorno alla nostra Galassia ci sono circa 200 ammassi globulari, gruppi piuttosto compatti di stelle che possono raggiungere anche il milione di astri, distribuiti in modo approssimativamente sferico. Questi oggetti celesti sono anche estremamente antichi. Si stima infatti che essi si siano formati circa 13 miliardi di anni fa e quindi possono essere considerati ‘coetanei’ delle prime stelle che si sono accese nell’universo. Caratteristiche, queste, che trovano riscontro non solo nel nostro vicinato cosmico ma anche in tutto l’universo osservabile, e che differenziano nettamente questo tipo di ammassi dagli altri, composti di stelle più giovani, che contengono molte meno stelle, di solito meno di mille.

Ma come si sono formati gli ammassi globulari e perché sono tutti così simili tra loro? Per trovare risposte a questi interrogativi, un gruppo di ricercatori tedeschi e olandesi ha effettuato delle simulazioni al calcolatore per ricostruire i processi di formazione e di evoluzione degli ammassi globulari, sia in galassie isolate che in collisione. E particolare attenzione è stata rivolta proprio per indagare quali sono gli effetti prodotti dallo scontro tra galassie. Si sa infatti che simili fenomeni danno spesso origine a intensi processi di formazione stellare, che prendono il nome di starburst. E se ci sono molte nuove stelle è logico ritenere che si vengano a creare nuovi ammassi più o meno popolosi di giovani e brillanti astri. Ma i risultati che emergono dalla simulazione, con grande sorpresa degli scienziati, indicano il contrario, almeno per gli ammassi più piccoli. Infatti, mentre i grappoli stellari più grandi sono in grado di sopravvivere alla collisione tra galassie in virtù della loro forza di attrazione gravitazionale che riesce a tenere insieme le singole stelle, i gruppi più piccoli vengono disgregati dalle forze prodotte dal moto di gas, polvere e stelle che risulta particolarmente intenso negli starburst.

“E’ ironico vedere che gli starbursts possono generare molti nuovi ammassi stellari, ma al tempo stesso anche distruggere la maggior parte di essi” commenta Diederik Kruijssen, del Max-Planck-Institut für Astronomie, primo autore dell’articolo in pubblicazione sulle Monthly Notices of the Royal Astronomical Society che descrive i risultati della simulazione. “Ciò si verifica non solo nel caso delle collisioni di galassie, ma dovrebbe essere tipico di qualunque ambiente dove siano presenti processi di elevata formazione stellare. Nell’universo primordiale, gli starbursts erano all’ordine del giorno. Ha quindi perfettamente senso il fatto che tutti gli ammassi globulari hanno approssimativamente lo stesso numero elevato di stelle. I loro ‘fratelli’ minori, dotati di molte meno stelle, erano destinati a essere distrutti”.

Inoltre, la maggior parte delle caratteristiche di un ammasso globulare sono strettamente legate all’ambiente dove esso si è formato. Il fatto che tutti gli ammassi globulari possiedano aspetti comuni in qualunque parte dell’universo li si osservi indica che gli ambienti da cui hanno avuto origine erano tra loro molto simili. E dunque lo studio di questi oggetti celesti, come fossili del nostro universo, ci permette di migliorare la nostra conoscenza sulle condizioni in cui sono nate le prime stelle e galassie.