IL “BEST OF” SECONDO L’INAF

2010: un anno stellare

L'anno è ormai agli sgoccioli: fra nuove scoperte, conquiste della ricerca e successi della tecnologia, sono molti i motivi per ricordare il 2010 dal punto di vista astrofisico. Ricordiamo i momenti salienti, insieme a Luigi Stella (INAF-OA Roma).

     22/12/2010

Iniziato con la cerimonia conclusiva dell’Anno Internazionale dell’Astronomia, il 2010 si è dimostrato decisamente all’altezza delle aspettative trasformando in preziose conquiste scientifiche buona parte di quelli che, appena un anno fa, erano semplici buoni propositi.

Dai risultati scientifici agli orgogli tecnologici, dalle conquiste della ricerca sull’Universo vicino e lontano, all’ottima riuscita delle svariate missioni spaziali, passando per le eccellenti performances della strumentazione  a terra:  sono molti i motivi che rendono memorabbile l’anno che sta per concludersi.

“Ci sono state scoperte molto importanti”, afferma Luigi Stella, dell’INAF Osservatorio Astronomico di Roma, al quale abbiamo chiesto di commentare i risultati di questo 2010, “tuttavia sono le possibilità emerse da certi studi a rappresentare il risultato rilevante di quest’anno”.
Riproponiamo per ciascun ambito, i traguardi più significativi.

Sistema solare: Saturno e le sue lune sempre in primo piano

I risultati della sonda Cassini, che nel corso di quest’anno si sono susseguiti con notevole frequenza, hanno sempre tenuto viva l’attenzione su Saturno e le sue lune. Fra tutte le novità giunte dal signore degli anelli e la sua corte di satelliti naturali, le più interessanti riguardano proprio due di questi: Rhea e Titano. Nell’atmosfera del primo è stata individuata presenza di ossigeno, mentre sulla superficie del secondo è stato avvistato quello che ha tutto l’aspetto di un vulcano di ghiaccio.

Nel frattempo, tuttavia, altri protagonisti del Sistema Solare hanno trovato occasione di far parlare di sé: il gigante Giove, ad esempio, ha sfoggiato un cambiamento di look, mostrandosi senza una delle sue evidenti strisce scure. Semplicemente nascosta da nubi di gas più chiaro che l’hanno ricoperta, la caratteristica fascia starebbe ora ritornando visibile. Anche Sole e Luna si sono fatti notare: il primo grazie a un’intensa attività solare che più volte ha fatto registrare dei picchi, la seconda per via della presenza di molecole d’acqua nella sua superficie, di ghiaccio e di argento nel cratere dove è stato fatto schiantare un razzo, e per il fatto di essersi ristretta nel corso dell’ultimo miliardo di anni.  Altre presenze del Sistema solare di cui quest’anno si è parlato molto, sono gli asteroidi: da quelli passati nelle vicinanze della Terra a quello avvicinato dalla sonda Rosetta fino al caso dell’asteroide “travestito” da cometa.

Le frontiere della vita: batteri all’arsenico

Se la domanda è “esistono altre forme di vita nell’Universo”? Se per trovarne le prove, o le tracce, si intende esplorare il nostro Sistema solare o individuare pianeti extrasolari potenzialmente abitabili, il punto di partenza è conoscere le forme di vita presenti sul nostro pianeta e capire a quali estremi possano arrivare. Da questo punto di vista, la scoperta annunciata dalla NASA a dicembre di quest’anno, può essere per molti versi considerata rivoluzionaria: è stato trovato un batterio in grado non solo di sopravvivere in un ambiente finora considerato incompatibile con la vita ma capace addirittura di incorporare un elemento tossico come l’arsenico nel proprio DNA. Questa scoperta si impone sugli scenari della ricerca in campo astrobiologico e ha implicazioni di cui bisognerà tener conto nella ricerca di vita extraterrestre.

Pianeti extrasolari: Gliese 581 g, il pianeta al posto giusto

Giunti alla soglia dei 500 pianeti extrasolari scoperti dal 1995 ad oggi, l’obiettivo primario è  individuarne di   simili alla Terra. Su questo fronte spicca la scoperta di Gliese 581 g, pianeta roccioso, appartenente a un sistema planetario, che secondo le stime si troverebbe nella cosiddetta fascia di abitabilità. Essere roccioso e trovarsi alla giusta distanza dalla propria stella: sono solo due dei numerosi requisiti indispensabili perchè un pianeta possa essere considerato abitabile, senza dubbio però, fra quelli scoperti finora, Gliese 581 g è il migliore candidato ad esserlo.
Questo caso non è il solo frutto della ricerca 2010 nell’ambito dei pianeti extrasolari. Con GJ 1214b per la prima volta si è riusciti a studiare l’atmosfera di un pianeta al di fuori del Sistema solare, mentre aumentano le scoperte di interi sistemi planetari e si è arrivati ad individuare anche un pianeta extrasolare di origine extragalattica. “La ricerca di pianeti extrasolari”, commenta Luigi Stella, “occupa ormai una frazione cospicua dei programmi di astrofisica a livello mondiale, sia a livello di ricerche condotte con telescopi a terra sia per progetti spaziali presenti e futuri. Ha un grosso impatto e coinvolge una delle domande più affascinanti che l’astrofisica moderna può porsi, cioè quella dell’esistenza di condizioni planetarie non dissimili da quelle della Terra, che possano favorire la nascita della vita in altri luoghi della nostra galassia”.

Esplosioni stellari: il caso delle supernovae asimmetriche

Se dai pianeti passiamo alle stelle, il 2010 ne ha visto protagonista una classe particolare. Si tratta delle supernovae di tipo Ia, stelle che esplodono emettendo  in pochi secondi miliardi di volte la luminosità del Sole: si è scoperto che le loro esplosioni sono asimmetriche, il materiale stellare viene cioè sparato nello spazio privilegiando alcune direzioni. Le supernovae Ia sono considerate dei “fari”, veri e propri punti di riferimento per calcolare le distanze nell’Universo, ecco perché i risultati legati ai loro meccanismi esplosivi sono fondamentali per la ricerca astrofisica. Sempre su questo fronte, nei primi mesi dell’anno ha fatto discutere il caso di SN 2007if una supernova di taglia extralarge che sembra eccedere i limiti imposti dalla teoria.

Oggetti compatti: un buco nero di appena 30 anni

Ha suscitato notevole interesse l’annuncio, da parte della NASA, della scoperta di un buco nero nel nostro vicinato cosmico. L’oggetto, individuato grazie al telescopio orbitante Chandra, si trova a 50 milioni di anni luce da noi, nella galassia M100, e la sua formazione risalirebbe ad appena 30 anni fa. Questa non è la sola scoperta rilevante effettuata in questo campo, almeno altre due meritano di essere ricordate, come sottolinea Stella: “è stata trovata la stella di neutroni più massiva mai osservata. Questo ci ha permesso di verificare che la materia, in condizioni di densità elevatissime, è abbastanza simile alla materia dei nostri nuclei atomici: non ha altri costituenti esotici come alcuni modelli avevano previsto. Altro risultato importante è quello che ha portato alla scoperta della prima stella di neutroni pulsar, apparentemente normale ma che in realtà sembra possedere un campo magnetico interno estremamente intenso. Sono entrambi risultati estremamente interdisciplinari che portano informazioni su altri aspetti della fisica: sono laboratori del cosmo che è impossibile pensare di poter avere sulla Terra”.

Alle origini dell’Universo: la precocità di un ammasso di galassie

Con l’obiettivo di raggiungere e superare sempre nuovi limiti nella conoscenza del nostro Universo, la ricerca astrofisica del 2010 ha compiuto una scoperta che si può definire da record per vari motivi. L’ammasso di galassie JKCS041 non è soltanto il più lontano mai osservato ma è anche estremamente precoce, tanto da sovvertire i modelli evolutivi di formazione delle galassie. JKCS041 contiene galassie troppo vecchie, già vecchie, per così dire, quando l’Universo era ancora giovane: secondo le teorie ciò non dovrebbe essere possibile. Scoperte di questo genere significano nuovi interrogativi a cui rispondere, ma anche e soprattutto nuove sfide che stimolano il progresso della ricerca.

Strumenti con i piedi per terra: la vittoria di LBT

Il Large Binocular Telescope ha stupito tutti fornendo immagini fino a tre volte più nitide di quelle del telescopio spaziale Hubble, che ha il vantaggio di non essere ostacolato dalla presenza dell’atmosfera terrestre. Il merito è dell’innovativo sistema di ottiche adattive collaudato sul telescopio a maggio. Fin dai primi test i risultati hanno superato le aspettative. Senza spingersi nello spazio, anche molta altra strumentazione a terra ha fatto parlare di sé: motivo di orgoglio nazionale è VST (VLT Survey Telescope) che ha effettuato quest’anno con successo le sue prime prove tecniche di osservazione puntando il cielo dell’emisfero sud (VST si trova deserto di Atacama, in Cile). Per il futuro di questo telescopio ci sono grandi aspettative , come pure per SRT (Sardinia Radio Telescope), il radiotelescopio di 64 metri di diametro il cui montaggio è stato ultimato quest’anno, non lontano da Cagliari.

Missioni Spaziali: l’Universo di Planck

Oltre alla già citata Cassini e all’immancabile telescopio spaziale Hubble, che quest’anno ha festeggiato il suo ventesimo anno di permanenza in orbita e ribadito la sua efficienza permettendoci di arrivare a scrutare l’infanzia dell’Universo, altre missioni spaziali hanno dato contributi fondamentali alla ricerca astrofisica. Il primo è Planck, satellite dell’ESA per lo studio dell’Universo primordiale, che quest’anno ha prodotto la sua dettagliata mappatura della “radiazione fossile” dell’Universo, quella che giunge a noi dopo aver viaggiato per circa 14 miliardi di anni. “Grazie al satellite Planck”, commenta Stella, “si comincia a studiare con precisione senza precedenti il fondo cosmico di radiazione alle microonde: questo ci permetterà in futuro di capire alcuni aspetti legati all’origine dell’Universo, e anche a intuire come questo si evolverà in futuro”.


Con le missioni Fermi, Agile e Swift, il 2010 ha conosciuto meglio il lato altamente energetico dell’Universo. Commenta Stella: “Nel campo delle alte energie la comunità italiana è sicuramente fortissima da molti anni a questa parte e si è recentemente qualificata anche attraverso questi progetti. Fermi è un satellite più grande che ha trovato risultati estremamente importanti sulle stelle di neutroni. Agile lavora in un ambito simile a quello di Fermi: anche se più in piccolo, è riuscito a trovare un risultato molto interessante per quanto riguarda la Nebulosa del Granchio: per la prima volta è stata osservata una variazione cospicua nel flusso di radiazione di altissima energia emessa dalla nebulosa stessa”. Ricordiamo che sempre grazie ad Agile è stato possibile studiare i lampi super energetici che hanno luogo nell’alta atmosfera e che potrebbero disturbare la navigazione area. Di lampi di tutt’altro genere si occupa invece Swift che, continua Stella: “ha continuato il suo lavoro straordinario mirato a seguire i lampi di raggi gamma che avvengono a distanze elevatissime: ne osserviamo circa un centinaio l’anno, e grazie alle caratteristiche dello strumento è stato possibile seguire anche con altri telescopi questi eventi e determinare le caratteristiche di queste esplosioni che sono le più violente che conosciamo”.

A bordo della ISS: Cupola con vista

Quest’anno ha visto crescere la Stazione Spaziale Internazionale con l’aggiunta di due nuovi moduli: Node 3, anche detto Tranquillity, e Cupola. Node 3 contiene sistemi per il riciclaggio dell’acqua e dell’aria, un nuovo bagno e attrezzature per l’esercizio fisico. Cupola è una grande finestra che permette di guardare le operazioni svolte all’esterno e studiare la nostra atmosfera godendo, anche, di una vista impareggiabile. Entrambi i moduli sono il risultato dell’esperienza tecnologica della Thales Alenia Space e dell’Agenzia Spaziale Italiana. Continuando a parlare di tricolore sulla ISS, fra gli astronauti che saluteranno il 2010 e daranno il benvenuto al 2011 restando in orbita e sfruttando anche i due nuovi moduli, c’è l’italiano Paolo Nespoli che, impegnato nella missione MagISStra, tornerà a casa soltanto a maggio del prossimo anno.

Fra scuole e pubblico: due azzurri sul podio delle Olimpiadi Internazionali di Astronomia

Non di sola ricerca, non di soli risultati per addetti al settore è fatta una disciplina affascinante come l’astronomia e l’avvincente iniziativa delle Olimpiadi Internazionali di Astronomia, giunte quest’anno alla XV^ edizione, ne è la prova. Le Olimpiadi di Astronomia , una competizione annuale su temi astronomici rivolta a studenti delle scuole superiori, hanno visto quest’anno salire sul podio dei vincitori ben due dei cinque ragazzi italiani arrivati fino in Crimea per partecipare alla sfida finale.
Nel corso dell’anno non sono poi mancate le iniziative rivolte al grande pubblico, su scala locale e nazionale. Una serata internazionale dedicata alla Luna, ad esempio, è stata l’occasione per ritrovarsi ad osservare il nostro satellite naturale, da ogni parte del mondo, astronomi e non, idealmente tutti assieme. E se il semplice atto di alzare gli occhi al cielo può indurre a porsi domande, le stesse alle quali la ricerca cerca di fornire risposte per accrescere la nostra conoscenza dell’Universo “vale la pena sottolineare che l’astrofisica ha anche dei risvolti pratici conclude Luigi Stella “attraverso lo sviluppo di conoscenze in generale ma in particolare anche attraverso lo sviluppo di strumentazione mirata a scopi astronomici, si hanno a volte delle ricadute di ordine industriale o pratico che sono rilevanti anche per il resto della società, al di là del valore intrinseco della conoscenza. Da questo punto di vista, l’augurio e la prospettiva al tempo stesso, è che si riesca a sfruttare meglio questo legame fra la ricerca di base e la società in generale anche a livello applicativo”.